Il consenso di Putin è in picchiata, supermulta per chi protesta a Mosca

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All’inizio sembrava uno scherzo di cattivo gusto: ma ora che è arrivata sul tavolo di Vladimir Putin per la definitiva ratifica, dopo il triplice passaggio parlamentare, la legge che aumenta enormemente le multe previste per chi organizza o partecipa a manifestazioni non autorizzate in Russia si è trasformata in una questione serissima. E pericolosa per tutti: per i potenziali manifestanti, ovviamente, ma anche per lo stesso presidente, in visibile imbarazzo per l’ondata di proteste che la legge sta sollevando anche all’interno del governo. 
Paradossalmente, infatti, le reazioni più accese sono venute proprio dai settori politico-istituzionali più moderati e vicini al Cremlino, mentre gli esponenti dell’opposizione più «extraparlamentari» e vicini al movimento che negli ultimi sei mesi ha ripetutamente riempito le piazze di Mosca con cortei e manifestazioni anti-Putin, forse in segno di spregio, hanno in qualche modo snobbato la vicenda, affermando che la nuova legge in fondo non cambia granché le cose. 
In base a quanto prevede la versione definitiva, approvata ieri dalla Camera alta, le multe per chi partecipa a manifestazioni non autorizzate potranno raggiungere i 300.000 rubli (circa 7.500 euro) rispetto ai 5.000 (circa 125 euro) previsti attualmente; per gli organizzatori, le cifre raddoppiano e possono addirittura quadruplicare se nel corso delle manifestazioni stesse si verificano danni alle persone o alle cose. Inoltre viene introdotto il divieto, in qualsiasi manifestazione, di partecipare a volto coperto. In alternativa al pagamento delle multe, per i singoli cittadini, viene introdotta la sanzione di 200 ore di «lavoro per la comunità ». 
Apparentemente, tutto questo non si discosta molto da quanto previsto anche in altri Paesi: la differenza è l’altissimo grado di discrezionalità  lasciato alla polizia e ai giudici (che in Russia, va ricordato, non sono indipendenti dall’esecutivo) nel determinare la legalità  o meno di una manifestazione e la serietà  della sanzione da applicare. E se appare difficile che gli oppositori politici dichiarati possano essere intimiditi da una robusta multa, essa ha probabilmente un effetto assai più scoraggiante nei confronti dei cittadini qualsiasi che vogliano esprimere una protesta (occorre ricordare che la Russia negli ultimi anni è stata teatro di moltissime proteste, molte più di quelle riportate dai media occidentali e in gran parte motivate da problemi economico-sociali prima che da issues politiche)
Contro la legge si sono mobilitati in parecchi. Il segnale più forte è venuto dai membri del Consiglio presidenziale per i diritti umani, un’istituzione creata dal Cremlino negli anni scorsi e priva di poteri reali ma le cui delibere hanno comunque un certo impatto politico per via delle personalità  comprese fra i suoi 40 membri: una decina di consiglieri hanno già  annunciato le proprie dimissioni in segno di protesta, e il presidente del Consiglio, Mikhail Fedotov, ha chiesto formalmente a Putin di non ratificare la legge, che «comporta serie violazioni dei diritti umani e il rischio di approfondire i conflitti sociali». D’altra parte, lo stesso iter parlamentare della legge è stato difficile in modo inaudito: per la prima volta la Duma (la Camera bassa del Parlamento) ha assistito a un serio tentativo di ostruzionismo da parte dei deputati di tutti i partiti salvo Russia Unita, con la presentazione di centinaia di emendamenti; e nel voto finale la legge è passata con un margine di voti strettissimo, il che non lascia trarre a Putin buoni presagi per il futuro. 
Non a caso il presidente, di fronte alla levata di scudi contro la legge, sta manifestando delle incertezze: nonostante sia chiaro il suo appoggio alla legge – la cui approvazione parlamentare secondo molti era da lui espressamente voluta adesso, per prevenire le manifestazioni in programma la settimana prossima – Putin per bocca del suo portavoce ha fatto sapere che prenderà  in considerazione anche i pareri di chi si oppone, e che se riscontrerà  nel testo degli elementi in contrasto con quanto generalmente previsto dalle norme degli altri paesi europei, rifiuterà  di firmarlo. 
Anche se si tratta evidentemente di un modo per diluire un po’ le tensioni, è chiaro che per il presidente la situazione si è fatta complicata: controfirmando la legge otterrà  automaticamente un peggioramento del clima interno nelle stesse istituzioni statali, in particolare nella Duma dove finora tutti i progetti putiniani erano passati senza problema, e un ulteriore calo della sua popolarità , senza con questo ottenere molto in termini di stabilità  e tranquillità  sociale. D’altra parte, a questo punto della vicenda, anche non firmare avrebbe i suoi prezzi non piccoli, soprattutto dopo che a favore della legge si sono esposti numerosi esponenti di primo piano di Russia Unita, che quindi si sentirebbero traditi e messi alla berlina.


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