by Editore | 30 Giugno 2012 15:51
VICENZA – “È in gioco la salute dei cittadini. Se lo Stato non interviene, dobbiamo farlo noi sindaci”. Sono sulla stessa linea il sindaco di Vicenza Achille Variati e quello di Pavia, Alessandro Cattaneo, che si sono incontrati ieri pomeriggio per condividere la loro guerra al gioco d’azzardo. Nella città veneta il problema è stato recentemente affrontato con un regolamento e una variante urbanistica che vietano l’apertura di sale gioco e scommesse nelle vicinanze di luoghi sensibili. Il comune lombardo – con i suoi 2.897 euro di giocate pro capite che lo rendono la città che spende di più nell’azzardo in Italia -, sta per approvare modifiche analoghe al regolamento di polizia urbana. Comunità d’intenti, dunque, nonostante le due città siano amministrate da diverse espressioni politiche.
“Le sale gioco e scommesse, i videopoker, i gratta e vinci, le infinite possibilità di gioco stanno diventando una vera e propria piaga sociale” commentano i due sindaci, che precisano: “La nostra non è una crociata per motivi morali. È la richiesta dettata dal buon senso, affinchè un settore potenzialmente distruttivo per persone, famiglie e per l’intera comunità venga regolamentato”. Il costante bombardamento pubblicitario sulle vincite facili fa, secondo i due primi cittadini, “enormi danni a disoccupati, giovani, anziani, alle fasce più vulnerabili della popolazione che buttano nel gioco i pochi euro che hanno e sprofondano in un baratro di disperazione”. Danni non giustificabili con le entrate che derivano dal gioco: è vero che nel 2011 il giro d’affari è stato di 70 miliardi, “ma quanto costerà in futuro tutto questo?” si chiedono Variati e Cattaneo. “Quanti ludopatici dovranno essere curati a spese del sistema sanitario pubblico? Quante famiglie saranno rovinate?”. I due lamentano la totale assenza dello stato: “Questa è un’emergenza sociale, un problema di salute pubblica, ma governo e Parlamento ci hanno lasciati soli e con le armi spuntate. Se lo stato se ne infischia, noi sindaci abbiamo l’obbligo di intervenire”.
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