I russi sfidano la repressione A migliaia in piazza a Mosca
MOSCA — Hanno messo in atto tutte le misure possibili per rendere più difficile la vita agli indignati russi che ieri sono scesi in piazza in decine di migliaia per protestare contro quello che definiscono «il regime». Perquisizioni, convocazioni dei leader alla procura, super-multe per chiunque agisca al di fuori delle regole stabilite. Ma se ieri ci si attendevano meno giovani (oggi ci sono anche gli esami all’università di Mosca) e meno professionisti scontenti, se si prevedevano azioni non autorizzate per scatenare la repressione, qualcuno è rimasto deluso.
La folla ha sfilato per le vie della capitale in maniera tranquilla e ordinata, semplicemente scandendo gli slogan previsti: «Putin in prigione» e «Russia senza Putin». Anche se magari un po’ imbarazzati dalla vicinanza degli ultra-nazionalisti (bandiere giallo, bianco e nero e uniformi simil-naziste), gli indignati si sono attenuti al programma e non hanno «accettato provocazioni», come si diceva una volta. Alla fine del comizio uno dei leader della protesta, Sergej Udaltsov, ha incitato i manifestanti a proseguire con una marcia non autorizzata fino alla sede della procura. Ma la gente non ha accolto l’invito e tutto è finito pacificamente in Prospekt Sakharova, il viale che, sintomaticamente, porta il nome del fisico Andrej Sakharov, dissidente ai tempi dell’Urss. E per tutta la giornata l’hashtag più utilizzato su Twitter (il social network di messaggi brevi) in Russia è stato «bentornati al 1937», l’anno in cui iniziarono le grandi repressioni staliniane.
Vladimir Putin, che ieri ha celebrato la giornata della nascita della Russia nel 1990, quando le leggi della Repubblica federativa furono dichiarate superiori a quelle dell’Urss (l’anno dopo l’Unione Sovietica venne sciolta) ha detto di apprezzare il dibattito tra persone che la pensano diversamente. Ma ha subito aggiunto di ritenere «inaccettabile tutto ciò che indebolisce il Paese e divide la società ».
E proprio il terrore di una possibile rivoluzione di tipo ucraino o di manifestazioni alla «Occupy Wall Street» che potessero portare a caos e disordini, sembra essere il movente delle azioni del presidente, insediatosi per la terza volta un mese fa.
Così la settimana scorsa è arrivata la firma della legge che inasprisce sensibilmente le multe per chi organizza o semplicemente partecipa a manifestazioni non autorizzate. In alcuni casi si tratta di aumenti di cento volte rispetto alle norme precedenti: un semplice partecipante può arrivare a dover sborsare novemila euro, l’equivalente per alcuni di un anno di paga. Una misura che è stata stigmatizzata dalla responsabile della politica estera europea Catherine Ashton che ha anche criticato «i tentativi di intimidazione» messi in atto nelle ultime ore.
Sì, perché proprio poco prima dell’inizio della manifestazione, i principali esponenti dell’opposizione sono stati convocati in procura. Il blogger Aleksej Navalny, la star televisiva Ksenya Sobchak. Udaltsov che aveva «declinato» l’invito sostenendo che, essendo tra gli organizzatori, doveva per legge essere presente alla marcia, ha ricevuto una nuova convocazione mentre era sul palco, assieme all’altro leader Boris Nemtsov, che ieri non era stato rintracciato.
Ventiquattro ore prima c’erano state le perquisizioni, con il sequestro di computer e telefoni, alla ricerca di «prove» sul coinvolgimento nei disordini di maggio. Con grande enfasi, la procura ha reso noto che a casa della Sobchak sono stati trovati un milione e duecentocinquantamila euro e 480 mila dollari in contanti. Risparmi tenuti in casa per la scarsa fiducia nelle banche russe (che più volte in passato sono saltate), secondo la donna. Ma forse le autorità sosterranno nei prossimi giorni che si tratta di finanziamenti illegali al movimento anti-Putin.
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