Gotti interrogato dai pm di Roma “Allo Ior ostacolata la trasparenza”
ROMA — Interrogatorio fiume per Ettore Gotti Tedeschi. L’ennesimo. L’ex presidente dello Ior è stato sentito dal procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, dall’aggiunto Nello Rossi, e dal pubblico ministero Stefano Rocco Fava. Oggetto dell’audizione per l’inchiesta romana su una quindicina di casi sospetti di riciclaggio, era il memoriale ritrovato negli uffici di Gotti Tedeschi. Un documento di poche pagine e tanti allegati che da qualche giorno è nelle mani delle toghe capitoline. Il banchiere, che è stato sentito come indagato di procedimento connesso (quello della procura di Roma sulla violazione delle normativa antiriciclaggio), con i pm ha analizzato punto per punto il suo memoriale. Appunti da inviare al Pontefice per tramite del suo segretario padre Georg Ganswein, in cui il presidente della banca Vaticana disegna un quadro dettagliatissimo e molto preciso di tutto quello che è successo dal suo arrivo al vertice dello Ior. La stessa cosa che Gotti Tedeschi ha fatto ieri con i pm romani. Ai quali avrebbe spiegato di essere stato chiamato dalla banca della Santa Sede con il preciso intento di portare trasparenza e «fare pulizia». Proposito che, però, secondo Gotti Tedeschi, sarebbe stato ostacolato. In particolare, il banchiere, così come ha fatto nel memoriale, ha ripercorso con i magistrati l’iter della legge antiriciclaggio vaticana, una norma voluta da Benedetto XVI per adeguare la Santa Sede e lo Ior agli standard europei di trasparenza, in modo da entrare nella white list. Una vicenda che, ha spiegato, ha incontrato grandi contrasti all’interno, specialmente quando si è trattato di passare agli aspetti interpretativi della normativa. Uno dei nodi più dibattuti, non a caso, è stato quello della retroattività della legge e della possibilità di applicarla ai casi precedenti al primo aprile 2011, data della sua entrata in vigore. Poi i conti. Nel documento, che inizia con “caro Monsignore”, c’è una disamina generale sulle procedure che si sarebbero dovute seguire. Procedure che Gotti Tedeschi individua nelle indicazioni fornite dalla società finanziaria Deloitte, con cui — avrebbe spiegato — lo Ior aveva in essere un rapporto di consulenza. Collaborazione che, però, si è interrotta a luglio perché, all’interno del board, furono avanzate critiche sui costi richiesti dalla società . Una vicenda dopo l’altra, un attrito dopo l’altro. Li mette tutti in fila il presidente dimissionato. Lo ha fatto per iscritto e lo ha fatto ieri davanti ai pubblici ministeri. A cui ha raccontato anche dei suoi dissapori con il direttore generale dello Ior, Paolo Cipriani, indagato insieme a lui per la violazione delle normativa antiriciclaggio (procedimento per cui la procura di Roma ha anche sequestrato 23milioni di euro). Le loro liti riguardavano, appunto, la trasparenza. E non sarà un caso che nel memoriale abbia ricordato anche la vicenda di un conto Ior che JP Morgan decise di chiudere a metà di febbraio. Al segretario di Stato Tarcisio Bertone che chiede spiegazioni, Gotti chiarisce che, a suo avviso, la banca americana aveva giustificati motivi per chiudere i rapporti con lo Ior in quella fase, non avendo ricevuto dall’istituto le informazioni richieste. Nulla, invece, si sa delle carte trovate nel suo ufficio milanese di procuratore del banco Santander. I pm, che le hanno ricevute dal capoluogo lombardo due giorni fa, erano intenzionati a fare una prima cernita anche con l’aiuto di Gotti. Ma pare che non ci sia stato il tempo.
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