Fuori sede e figli disabili ecco i discriminati della tassa E tenere casa sfitta costa meno
IL FIGLIO DISABILE
Oltre alla detrazione di 200 euro sulla prima casa, la famiglia ne può scontare altri 50 per ogni figlio d’età inferiore ai 26 anni residente nell’abitazione, anche se il ragazzo è sano, autonomo e già lavora (è previsto un tetto massimo di 400 euro). Ma se il figlio in questione ha superato i 26 anni non ci sono più diritti a sconti, nemmeno nel caso in cui il giovane sia colpito da una disabilità al cento per cento. A meno che non lo decida, autonomamente, il Comune.
IL NONNO DA AIUTARE
Stessa incongruenza per la famiglia che, nell’abitazione principale, abita con anziano non autosufficiente e/o disabile. Anche in questo caso l’unica detrazione prevista è quella fissata per la prima casa, i 200 euro. I Comuni, volendo e potendo, potrebbero aumentare la detrazione, ma non sono obbligati a farlo. L’assistenza fornita al nonno curato in casa non è quindi premiata dal Fisco.
LA CASA DI RIPOSO
Poniamo il caso di un anziano single che decide di andare in casa di riposo perché non vuole più stare solo e non ha nessuno che pensa a lui. Potrebbe pagarsi la retta affittando la propria abitazione, ma se lo fa, non usufruirà più della detrazione di 200 euro prevista per la prima casa. Il Comune, infatti, può deliberare l’aliquota del 4 per mille solo quando l’abitazione non viene affittata.
FUORI PER LAVORO
Il posto non c’è e a volte, per trovarlo, bisogna cambiare aria. Ma il questo caso il Fisco non premia il giovane che lascia la propria abitazione per andare a lavorare (sia pure temporaneamente) in un’altra città , prendendo là una casa in affitto. Stesso caso per chi è chiamato a fare i conti con un trasferimento deciso dall’azienda: entrambi i «fuori sede» non potranno godere della detrazione fissata per la prima casa, anche se lasciano sfitte le loro abitazioni.
UNA CASA PER LAVORO
L’incongruenza può colpire all’interno della stessa famiglia. Il caso è quello di un padre e un figlio che possiedono ciascuno il 50 per cento di un immobile in cui dimora e risiede il figlio. Sarà quest’ultimo ad usufruire sia dell’aliquota ridotta e che dell’intera detrazione di 200 euro. Il padre, invece, pagherà l’aliquota prevista per la seconda casa, pur se solo sul 50 per cento di sua competenza. L’aliquota, per lui, salirà allo 7,6 per mille (ma il Comune ha la facoltà di aumentarla o diminuirla di un altro 3, portandola fino ad un massimo del 10,6 per mille).
IN PARTI UGUALI
Consideriamo il caso di due contribuenti che hanno un immobile in comproprietà : uno possiede il 30 per cento dell’abitazione, l’altro il 70. Entrambi dimorano e risiedono in loco. La detrazione di 200 euro ottenibile per la prima casa spetta però in parti uguali e non in proporzione alle quote di possesso.
IL SECONDO TETTO
Affittare la propria seconda casa e dichiararne al Fisco le entrate, in termini di Imu, purtroppo non conviene. Sulla seconda abitazione tenuta sfitta si finirà per pagare meno di quanto si dovrà pagare per un’abitazione data in affitto. Infatti, per le case sfitte, l’Imu assorbe Irpef e relative addizionali regionali e comunali.
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