Frontiere bloccate, stop ai bancomat ecco il piano per chi esce dall’euro

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ROMA â€” Severi limiti ai prelievi dai Bancomat, rigorosi controlli valutari alle frontiere, radicali limitazioni alle libertà  finanziarie. La storia torna indietro: il peggior incubo per gli europei si materializza, la libera circolazione dei capitali diventa un ricordo. Il piano esiste, studiato in tutti i dettagli ed è pronto a scattare. Lo hanno discusso segretamente i dirigenti dei ministeri del Tesoro e delle banche centrali, probabilmente sotto l’avallo della Bce, analizzandone tutti i particolari e le implicazioni. L’ha rivelato ieri l’attendibile agenzia Reuters, con la precisazione che questo scenario worst-case si applicherebbe “almeno alla Grecia” (ovvero a tutte le transazioni da e per quel territorio) se Atene decidesse di lasciare l’euro (o se a ciò venisse spinta da irrecuperabili situazioni di mercato), lasciando però intendere che progetti segreti di emergenza di questo tipo esistono ormai per tutti i Paesi a rischio, e forse non solo per questi. Chi si sgancerà  dalla moneta, Spagna o Italia o chiunque altro, incorrerà  nello stesso regime. L’agenzia di stampa, con fairplay tutto britannico, è attenta nel sottolineare a chiare lettere che l’esistenza di questi piani non implica la loro attuazione, e anzi che nessuno degli official interpellati si è mai sognato di dare per sicura e neanche per probabile l’uscita della Grecia né di chiunque altro dall’euro, ma insomma la sostanza non cambia: l’Europa si sta preparando al peggio. Il ritmo di tale preparazione è aumentato dopo gli inconcludenti risultati delle elezioni greche del 6 maggio e in previsione della nuova tornata di domenica prossima, che potrebbe avere risultati ancora più sconfortanti. Tutto questo «rende necessario avere piani d’emergenza pronti a scattare», hanno confermato alla Reuters “fonti dell’Unione europea”. Le quali insistono che malgrado nessuna decisione sia stata presa, «le discussioni in seno al nucleo operativo dell’Eurogruppo costituito dai viceministri delle Finanze e dai capi dipartimento del Tesoro, sono scese fino all’ultimo dettaglio in una fitta serie di teleconferenze». Non sono discussioni politiche, tengono a rimarcare le fonti interpellate dalla Reuters, ma i tecnici hanno bisogno di essere perfettamente preparati per ogni eventualità .
Fa da sottofondo a tutta questa mobilitazione una doppia consapevolezza. La prima è che se alle elezioni vince Syriza, il partito di estrema sinistra greco che ha detto di voler rinegoziare gli accordi con l’Ue e l’Fmi, si andrà  inesorabilmente verso l’abbandono dell’euro. E la seconda certezza sembra essere quella che davvero se esce la Grecia, l’intera moneta ha i mesi contati. I caposaldi del piano d’emergenza sono le limitazioni all’attività  finanziaria di cittadini e imprese,
ma non solo. È stata discussa anche la possibilità  di sospendere l’accordo di Schengen sulla libera circolazione fra 26 Paesi europei. Su questa così come sulle altre misure in discussione è stata messa al lavoro una task-force di giuristi internazionali per verificare le basi legali “di provvedimenti così estremi”, dicono sempre le fonti europee. D’altronde nella stessa conference call del 21 maggio l’Eurogruppo aveva raccomandato a ciascuno dei Paesi membri di preparare piani d’emergenza pronti a scattare nel caso in cui la Grecia fossa uscita dalla valuta. E pochi giorni dopo il ministro belga delle Finanze, Steve Vanackere, ha ribadito che «dobbiamo fare tutti gli sforzi per evitare l’exit scenario ma questo non vuol dire che non dobbiamo essere pronti a quest’eventualità ». Quindi è «necessità  di base per ogni Paese essere preparato». Al problema non sono insensibili neanche i Paesi fuori dall’euro: la Svizzera ha detto senza mezzi termini qualche giorno fa di essere pronta a introdurre nuovi controlli sui capitali se qualcosa di grave capita all’euro. E se lo dice la Svizzera c’è da aver paura.


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