Effetto rendite catastali sull’Imu più colpiti i comuni maggiori

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E questo non per via degli sconti o delle maggiorazioni che le amministrazioni potranno applicare alle aliquote (gli effetti di questa «libertà  di manovra» si manifesteranno solo sulla scadenza di dicembre), ma per una semplice questione di rendite catastali. Perché le rendite catastali tendono ad essere maggiori al crescere delle dimensioni dei comuni, quindi più è grande il centro, più Imu versi.
Lo dimostra uno studio della Cgia di Mestre che ha messo a confronto le rendite catastali (che ai fini dell’imposta dovranno essere rivalutate del 60 per cento) dei capoluoghi di provincia con quelle dei più vasti capoluoghi di regione. Le differenze (al netto delle detrazioni per figli a carico) sono notevoli sia che si tatti di abitazione principale, che di seconda casa. Sia che ci si riferisca alla categoria A2 (abitazioni di tipo civile) che alla A3 (abitazioni di tipo economico): le due tipologie che messe assieme coprono il 70 per cento del patrimonio abitativo italiano. Per la prima casa A3, per esempio, l’importo della prima rata va dagli 83,7 euro richiesti in media a chi vive nei capoluoghi di regione, ai 34,6 versati da chi abita in capoluoghi di provincia, ai 12,8 euro sborsati da chi abita nei restanti comuni. L’Imu, quindi, non sarà  uguale per tutti, e le differenza saranno ancora più evidenti al pagamento dell’ultima rata, quella di dicembre dove – in sede di conguaglio – si applicheranno le variazioni d’aliquota varate dai comuni. Tutto lascia pensare, infatti, che i sindaci delle grandi città , approfitteranno della possibilità  di elevare la quota fino ad un massimo del 3 per mille. Napoli, Roma, Cagliari, Torino, Perugia hanno già  fatto sapere che sulla prima casa l’aliquota passerà  al 5 per cento (5,75 per Torino).
Sarà  più facile allora stabilire la classifica dei più e dei meno tartassati. Una lettura che la Cgia di Mestra ha già  fatto riguardo alle categorie professionali. Applicando l’aliquota ordinaria del 7,6 per mille e considerando le rendite catastali medie, secondo il centro studi, a guidare la classifica delle classi di produzione saranno gli albergatori che – mediamente – sborseranno 8.405 euro a testa. Al secondo posto, secondo la Cgia di Mestre, ci sarà  la grande distribuzione, chiamata a versare un importo medio annuo pari a 5.930 euro. Su ogni capannone industriale graverà  un’imposta pari a 4.725 euro. Per gli artigiani del settore produttivo ed i piccoli industriali, il versamento medio sarà  di 2.756 euro.
Calcoli che spingono la Cgia a chiedere una riduzione delle aliquote applicate alle attività  produttive. «In una fase economica in cui i consumi sono in forte contrazione, il credito continua ad essere erogato con il contagocce e le tasse continuano ad aumentare a vista d’occhio – commenta Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre – auspico che il governo riveda al ribasso le aliquote dell’Imu per le attività  produttive, altrimenti corriamo il pericolo che molte piccole aziende chiudano i battenti e finiscano
per lavorare in nero».


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