Draghi, van Rompuy, Barroso “L’unione politica e fiscale poi possiamo lanciare gli eurobond”

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BERLINO – C’è un piano segreto per salvare l’euro e l’Europa, i leader dei principali Paesi membri dell’Eurozona lo stanno negoziando. Insieme alle principali istituzioni europee: il Consiglio europeo guidato dal belga Herman van Rompuy, la Commissione di José Manuel Barroso, la Banca centrale europea di Mario Draghi. Meno sovranità  nazionale, per raggiungere il massimo possibile di integrazione politica istituzionale. Ecco i principi costitutivi della proposta di riforma cui Berlino e Roma, Parigi e Madrid – passando per Bruxelles – lavorano in vista del vertice europeo di fine giugno. Un piano articolato su quattro pilastri. Più controllo sui bilanci nazionali; vigilanza a livello europeo sulle banche; politica finanziaria, fiscale, estera e di difesa comune; riforme dei sistemi sociali per un welfare uniforme. Tutti punti che richiedono un forte trasferimento di sovranità  dagli Stati nazionali all’Unione, per portare la Ue «a un nuovo livello, più alto». Il piano segreto è stato rivelato da Welt am Sonntag, edizione domenicale dell’influente quotidiano liberalconservatore e filogernativo. 
Punto per punto, vediamo le idee che saranno discusse al summit di fine giugno per arrivare a decisioni finali entro fine anno. Primo, occorre una “Fiskalunion”, un’unione delle politiche di bilancio. Questa è tra l’altro premessa indispensabile per un sì futuro – dato da molti per scontato, ma chi sa quando – della Germania agli eurobond, cioè alla condivisione di rischi sul debito a livello europeo. Il nuovo scenario di unione fiscale garantirebbe agli eurobond i voti decisivi del Bundestag, con l’appoggio dell’opposizione di Spd e Verdi al centrodestra. Servirà , infatti, una maggioranza dei due terzi al Parlamento tedesco.
Secondo, urge organizzare un sistema europeo di controllo e monitoraggio delle banche. Cosa che comporta imposte sulle transazioni, e l’istituzione di un Fondo europeo di Garanzia per le banche in difficoltà , finanziabile proprio con questo prelievo sulle transazioni. «La lezione della crisi è un’ulteriore centralizzazione della sorveglianza sulle banche», ha appena detto Draghi. Resta da vedere se Berlino accetterà  il principio per cui banche tedesche debbano pagare imposte per garantire il salvataggio di banche mediterranee.
Terzo, si lavora a un’idea di politica finanziaria, fiscale, estera e di sicurezza comune. Fino a un’armonizzazione dei criteri e delle aliquote di riscossione dei tributi fiscali. Questo risultato si otterrebbe solo rafforzando i poteri dell’Europarlamento rispetto alle sovranità  nazionali degli Stati membri.
Quarto, i leader europei lavorano a una profonda riforma dei sistemi di sicurezza sociale. Per armonizzare welfare, contributi, previdenza. L’obiettivo deve passare attraverso una effettiva integrazione del Mercato unico europeo; e attraverso misure per aumentare la competitività  delle singole economie.
Molti ostacoli restano da superare, perché il piano segreto diventi un giorno realtà  e tracci il volto d’una nuova Europa futura. Tra gli ostacoli maggiori è il sempre riconfermato nyet tedesco agli eurobond come garanzia comune e condivisione dei debiti. Dubbi tedeschi esistono anche sulla responsabilità  comune per il destino delle banche dei diversi Paesi dell’eurozona, ma su questo punto la Germania farebbe sembra meno resistenze. 
E ancora: senza nuovi aiuti a spese del contribuente tedesco, dolorose riforme nei Paesi più deboli d’Europa non sarebbero finanziabili. Non è finita: introdurre questi accordi all’inizio solo per l’eurozona vorrebbe accentuare il solco nell”Ue a 27 tra membri che aderiscono alla valuta unica e quelli che ne sono esclusi. E infine ma non ultimo, un’Europa politica con un esecutivo unico capace di decidere su guerra e pace, sulle risposte politiche e militari oggi alla Siria e domani a chi sa quale brutale, potentissima dittatura, richiede più legittimazione legislativa. E’ tutta una marcia in salita, insomma, quella di qui al summit Ue di fine giugno e a quello di fine anno. Ma solo così, ritengono Merkel e Schaeuble in un sussulto di europeismo, l’Europa potrà  uscire rafforzata dalla crisi. Solo così potrà  essere arginato quell’addio all’integrazione che sogna una maggioranza crescente di elettori della Germania. Uomini e donne sempre più ricche e sempre più insofferenti verso i deboli partner del Vecchio Continente.


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