Draghi incalza i governi: Europa più unita

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BRUXELLES – Come aveva già  fatto con la proposta di un «fiscal compact», trasformatasi in pochi mesi nel nuovo Trattato sull’unione di bilancio, Mario Draghi ha scelto ieri il Parlamento europeo per dettare un nuovo, decisivo passo avanti ai leader politici dell’eurozona e scuoterli dalla loro apparente passività .
Il presidente della Bce ha spiegato agli eurodeputati che la crisi finanziaria in cui si dibatte l’Europa non può essere risolta se non si danno indicazioni politiche di lungo periodo sulla volontà  si proseguire l’integrazione e non si indicano obiettivi precisi. «L’euro è a un bivio, come nella crisi del 1992, e come allora è necessaria una visione per il futuro, per i prossimi 10 anni, che solo i leader politici europei possono dare. La Bce non può riempire il vuoto e la mancanza di azione da parte dei governi europei, né per quanto riguarda le politiche di bilancio, né per le riforme strutturali, né in altri campi. Sta ai leader fare il prossimo passo, chiarire la loro visione dell’euro per i prossimi anni. E prima lo faranno, meglio sarà ».
Appare ormai chiaro che Draghi si è assunto quel ruolo di proposta, di stimolo e di leadership che evidentemente il presidente della Commissione, Barroso, non è in grado di esercitare. Da Francoforte era arrivata la proposta di un fiscal campact, e sempre da Francoforte è partita l’idea, fatta propria dalla Commissione, di cercare di fermare il rischio di contagio creando una Unione bancaria, garantendo a livello europeo i depositi, gestendo la liquidazione delle banche in crisi e dando al fondo salva stati il potere di intervenire direttamente in aiuto degli istituti in difficoltà . Ora Draghi dice chiaramente ai leader europei che, senza un impegno solenne a fare ulteriori passi avanti nell’integrazione economica e politica, tutte le misure per affrontare la crisi si risolvono in palliativi inutili. E chiede che i capi di governo dicano «al più presto» qual è la loro «visione condivisa» dell’Europa nei prossimi dieci anni, proprio come fecero nel ‘92 quando lanciarono il progetto di unione monetaria. L’appello, che richiama sollecitazioni analoghe venute dal presidente del Consiglio europeo Van Rompuy, non è caduto nel vuoto. La Merkel, che figura oggi come la principale imputata delle accuse di inazione, ha dichiarato di essere favorevole ad un passaggio di maggiore sovranità  alla Commissione. «Dobbiamo pensare a come muoverci nei prossimi cinque o dieci anni, e se continuiamo a sollevare nuovi tabù, non andremo da nessuna parte», ha detto la cancelliera.
Ma la crisi delle banche spagnole, la cui gestione è stata ieri duramente criticata da Draghi, continua a suscitare preoccupazione e a richiedere mosse immediate. Mentre la banca centrale spagnola ha stimato che nei primi tre mesi 2012 sono finiti all’estero 97 miliardi ritirati dalle banche iberiche, il Wall Street Journal ha scritto che il Fondo monetario internazionale sta studiando un piano per intervenire qualora il governo di Madrid non riuscisse a far fronte agli interventi necessari per consolidare il proprio sistema bancario. La notizia è stata smentita dal Fmi, secondo cui la Spagna non ha chiesto nessun intervento, che ha però ammesso che «discutere diversi scenari in tutti gli stati membri fa parte del lavoro del Fondo».


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