DIARIO, ROMANZO O CRONACA IL PRESENTE DEGLI SCRITTORI

by Editore | 4 Giugno 2012 7:15

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L’anno scorso c’è stato lo tsunami in Giappone, è morta Amy Winehouse, è stato ucciso Bin Laden, il folle neonazista Anders Behring Breivik ha compiuto una strage in Norvegia, abbiamo festeggiato il 150° anniversario dell’Unità  d’Italia, è esplosa la primavera araba, sono scesi in piazza gli indignati e si è dimesso Berlusconi. Bene, dentro il diario scritto a più mani da Andrea Bajani, Paolo Nori, Michela Murgia e Giorgio Vasta, questi fatti ci sono solo in piccola parte e quando compaiono si mescolano al tempo intimo della vita privata, impastata di affetti, insofferenze, giornate speciali e altre piuttosto ordinarie. 
Presente (Einaudi), così s’intitola questo interessante esperimento collettivo, ha l’andamento di un diario, parte da gennaio e finisce a dicembre 2011. Gli scrittori si alternano mese per mese, a staffetta, e appuntano fatti personali e pubblici senza fare troppo caso alle gerarchie. Li scrivono uno accanto all’altro, come si faceva nei vecchi almanacchi, che accostavano roba seria e roba faceta. Andrea Bajani parla dell’Afghanistan, del referendum a Mirafiori, degli alpini che invadono Torino, e nello stesso tempo ci racconta della ricerca di una casa da affittare. Lo seguiamo a Bucarest, in Cina, conosciamo la sua famiglia, la traduttrice di un suo libro morta tragicamente, le sue nuotate mattutine in piscina insieme a disoccupati e donne incinte. Michela Murgia preferisce solo accennare al Cavaliere, mentre la sua Italia è fatta ancora di lavoratori e persone che amano la loro terra, come lo scultore Pinuccio Sciola, che ha chiamato gli artisti a ridipingere le case di San Sperate, a pochi chilometri da Cagliari. Paolo Nori gioca con la sua bambina sul letto, traduce Oblomov, combatte contro un orzaiolo, segue la Leopolda di Renzi a Firenze in streaming, pettina il gatto… Giorgio Vasta viaggia molto, prima a Vauvert, nel sud della Francia, dove va a correre tra filari di vigne, poi in Islanda. Ma all’estero è inseguito dai nostri fantasmi nazionali: Bossi, col dito medio minaccioso, e Berlusconi, che si produce in nuove barzellette.
Eppure catturare il presente è impossibile, sia perché nel momento in cui lo registriamo è già  passato, sia perché non è l’annotazione degli eventi a contare, ma il loro carattere simbolico. Quello che rappresentano nella nostra vita, il modo in cui cadono dentro le nostre esistenze. Scrive a un certo punto Michela Murgia: “L’orizzonte delle beghe italiane somiglia sempre più a una stanza chiusa”. Ecco, il lato interessante di questo libro, meritevolmente pieno di lacune, è che è una stanza aperta, un luogo da attraversare, in cui ci sono persone come noi che oltre a fare di mestiere gli scrittori cambiano il sacco della spazzatura, lavano i pavimenti, aspettano la primavera, pensano a come cambiare il mondo. 
Tra queste pagine non c’è la fotografia di un anno: sono più i vuoti che i pieni e non si dà  nessuna semplice riproduzione dell’esistente. Ma è un progetto aperto e volendo potrebbe allargarsi a rete e diventare un work in progress. E poi la porta è spalancata e si può provare a entrare.

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