Dalla fabbrica al verde L’Italia da riutilizzare

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B asta girare con gli occhi aperti per il nostro Paese, anche e soprattutto nelle sue parti più popolose, per accorgersi di quante costruzioni (capannoni, industrie, palazzoni, caserme, magazzini, eccetera) risultino inutilizzate, sottoutilizzate o più frequentemente abbandonate al degrado.
La natura «rubata»
Se poi consideriamo, nella ricorrenza di oggi della Giornata Mondiale dell’Ambiente e a pochi giorni dalla Conferenza Rio +20, la situazione planetaria, vediamo che, se nel 1700 il 95% dell’intera biosfera si trovava in condizioni di naturalità  e solo il 5% mostrava i segni delle trasformazioni apportate dall’uomo, oggi la maggioranza delle terre emerse risulta interessata da aree agricole e urbanizzate, meno del 20% si trova in uno stato seminaturale e solo un quarto può essere considerato ancora in uno stato di naturalità .
In Italia — con una densità  di 200 abitanti al chilometro quadrato assiepata soprattutto nelle scarse aree pianeggianti — il fenomeno della trasformazione cementizia e asfaltica del suolo (che secondo una ricerca del FAI e del WWF invade 33 ettari al giorno) oltre a divorare aree naturali e agricole, disperde sul territorio le scorie di un irrazionale e bulimico sviluppo edilizio.
Il progetto
Per affrontare questo inaccettabile spreco di risorse e di suolo, il Wwf lancia oggi, con l’aiuto di docenti universitari ed esperti, la campagna «Riutilizziamo l’Italia», invitando cittadini e «addetti ai lavori» a segnalare un’area o un edificio dismessi o degradati da recuperare a fini sociali e ambientali. 
«Lo scopo di questa iniziativa — dichiara l’architetto Adriano Paolella, direttore generale del WWF Italia — è di avviare il più grande processo di recupero del territorio italiano, dopo quello che nel Dopoguerra ha interessato positivamente i centri storici salvandoli dal degrado che in altre nazioni ne ha devastato le fisionomie in nome di uno sviluppo disordinato e insensibile».
Il patrimonio «inutilizzato»
I dati sul patrimonio inutilizzato o abbandonato che potrebbe essere recuperato con vantaggi incalcolabili sull’occupazione e sulla crescita sostenibile, sono impressionanti.
Su 29 milioni di abitazioni, quasi 5 milioni risultano non occupate o case di vacanza sottoutilizzate. Solo a Milano sono 3,5 i milioni di metri cubi di edifici pubblici o privati non più in uso (ex fabbriche e scali ferroviari, cascine abbandonate, cabine elettriche) di cui 880.000 sono uffici sfitti.
Sono 6.977 in Italia i chilometri di ferrovie chiusi e abbandonati con tutte le infrastrutture connesse (caselli, stazioni e relativi parcheggi, depositi e binari di deposito).
Nell’immenso universo nazionale di strutture militari non più in uso, solo in Sardegna ci sono aree e edifici demaniali per 144.230 ettari, per una superficie costruita di 467.000 metri quadrati e un volume di circa 4,5 milioni di metri cubi.
Infine, i capannoni al centro delle polemiche legate ai disastri del sisma. Nel nostro Paese, secondo l’Agenzia del Territorio, esistono 701.978 capannoni che coprono con le loro pertinenze (annichilendo aree rurali e paesaggi di pregio) 2.000 km quadrati, 17 volte l’estensione della città  di Napoli, soprattutto in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. 
In un nuovo e rivoluzionario quadro di sviluppo sostenibile, il recupero e riutilizzo di queste entità  partendo dal basso e da iniziative spontanee, potrebbe avere grandi effetti di incentivazione dell’occupazione giovanile e di freno al debordante consumo di suolo.
I casi virtuosi
Campania: a Napoli, il Parco «Lo Spicchio» trasformato dal WWF con un cofinanziamento del Comune, da «discarica urbana» a laboratorio didattico. Nel cuore del quartiere Vomero, 14.000 mq dell’ex gasometro si trovano in via di riqualificazione per creare un Parco Agricolo.
Emilia: a Reggio Emilia il complesso Ex Polveriera, riconvertito da area militare in parcheggio, sede di associazioni cittadine e un centro per disabili.
Friuli Venezia Giulia: grazie ai fondi di un progetto Life dell’Ue, il Comune di Rivignano (Udine) sta ricostruendo l’antico habitat della pianura friulana, creando 32 ettari di foresta planiziaria con essenze autoctone su un’area sovra-sfruttata dall’agricoltura intensiva.
Lazio: l’ex mattatoio posto nel centro storico di Roma, inattivo dagli anni ‘70,ospita oggi la «Città  dell’altra economia», il museo di arte contemporanea MACRO, la facoltà  di Architettura di Roma Tre e un centro sociale.
Lombardia: il Parco delle Noci a Melegnano (Milano), nato su un’area prima agricola, poi trasformata in industriale e infine abbandonata al degrado e alle discariche, è oggi uno spazio verde con stagni, piantagioni di alberi e ambienti naturali padani, dedicato all’educazione ambientale. 
A Trezzo sull’Adda, nell’Oasi WWF Foppe di Trezzo ricavata su una ex cava di argilla, si è ricostituito l’ambiente originario della Pianura Padana con tutta la flora e la fauna originaria. 
Toscana: sottratta al degrado e all’avanzata di un caotico sviluppo urbano, l’Oasi WWF Stagni di Focognano nella piana di Firenze, è divenuta un punto di eccellenza per la sosta e la nidificazione di molti uccelli migratori, soprattutto aironi di varie specie, oltre che punto di ritrovo e studio per i ricercatori.
Veneto: i 48 ettari dell’antico Forte Marghera presso Venezia, non più militare dal 1966, ospitano attività  artigianali e le sedi di numerose associazioni. Attualmente questo spazio rischia di essere oggetto di velleità  speculative che ne altererebbero l’attuale funzione pubblica.


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