Da Darwin alla genetica le sfide sulla nostra natura

by Editore | 24 Giugno 2012 11:20

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«Ese parlassimo invece di “evoluzione guidata”?». Oh no: non si finisce di mettere un punto che sei già  di nuovo a capo. Mai i nipotini di Charles Darwin sono apparsi così divisi: una vera diaspora. E manco a dirlo: in continua evoluzione. Massimo Pigliucci, classe ’64, studi di biologia e oggi direttore del dipartimento di filosofia alla City University di New York, è da anni sulle barricate: da quando si trovò circondato all’università  del Tennessee da studenti creazionisti. «Anche a biologia. Certo che tutti studiavano l’evoluzione: ma una buona metà  per vedere che cosa diceva il diavolo». Peccato che adesso l’inferno sia scoppiato tra
gli evoluzionisti.
Quando Einstein superò la fisica di Newton nessuno si sognò di dire che il vecchio Isaac era un cretino. Perché su Darwin sono tutti contro tutti?
«Da una parte ha avuto contro la religione. Dall’altra certi marxisti: il determinismo spezzava il sogno della rivoluzione».
Ok, ma tutta questa confusione, oggi, non sarà  anche un po’ colpa vostra? Darwiniani contro neodarwiniani…
«Ecco, già  questo è un errore. Nel calderone dei neodarwiniani la pubblicistica di oggi mette di tutto».
Stephen Jay Gould, Richard Dawkins, Daniel Dennett…
«Invece i neodarwiniani sono quelli che, negli anni ’30 e ’40, hanno riletto Darwin. Si chiama “sintesi moderna”. Contesa da chi – ci sono anch’io – reclama una “sintesi estesa”: sostenendo che gli stessi meccanismi dell’evoluzione si evolvono nel tempo ».
Ma non ci sono più darwiniani puri?
«Il darwinismo originale si riassume in due cardini. Il common descent: e cioè la discendenza comune di tutte le specie. E poi ovviamente la selezione naturale».
Perché non poteva reggere più?
«Ai tempi di Darwin i geni non erano stati individuati. È all’inizio del ’900 che si riscoprono gli studi di Mendel. La “sintesi moderna” sintetizza appunto mendelismo e darwinismo».
Non bastava?
«La scienza non si ferma. Nel ’53 Watson e Crick scoprono la struttura del Dna. Tutto diventa genetica. È la posizione estrema di Dawkins: il gene egoista da cui dipende tutto. E l’ambiente, per esempio? No, la “sintesi moderna” non basta più».
Morris dice che l’ambientecittà  è l’ultima sfida dell’evoluzione: ma può decretarne la fine. Tattersal ipotizza che l’evoluzione fisica è finita: non ci resta che quella culturale.
«Certo già  parlando di città  parliamo comunque di evoluzione culturale. Dawkins riconduce perfino la cultura ai geni. Ipotizzando quei “memi” che sarebbero i geni del sapere culturale: tramandabili con la selezione naturale. Ma è più una metafora che uno strumento di indagine».
Ricorda Tattersal: perché i caratteri si possano riprodurre occorre una popolazione ristretta. E 7 miliardi non sono pochi.
«Ma l’ingegneria genetica non sarebbe un’altra forma di evoluzione? Chiamiamola “evoluzione guidata”. I traguardi sono lontanissimi ma Craig Venter ci lavora già ».
Sarà  evoluzione, però per selezione per niente naturale.
«Qui gli estremi si incontrano. L’“evoluzione guidata” sarebbe un po’ come il disegno intelligente di cui parlano i creazionisti: solo che stavolta il disegno è umano ». Troppo umano?

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