by Editore | 19 Giugno 2012 8:07
Si chiama Mussahala: «riconciliazione» in arabo: un tentativo di riconciliazione dal basso, per iniziativa popolare e nonviolenta. Cominciata a Homs, città simbolo degli scontri, spera di espandersi. Ne riferisce la Radio vaticana citando l’agenzia cattolica Fides. Sarebbe un miracolo, in un contesto di scontri sanguinosi fra esercito e gruppi armati, e atroci violenze settarie, che va avanti da mesi anche grazie alle determinanti ingerenze di paesi occidentali e del Golfo. Mussahala tiene a essere un tentativo del tutto siriano, senza interventi esterni. Vi stanno lavorando siriane e siriani, laici e soprattutto appartenenti alle diverse religioni e comunità che fino al 2011 convivevano in pace.
Come scrive la Radio vaticana e confermano fonti all’interno della Siria, Mussahala è «la dimostrazione, e anche la speranza, di una terza via, alternativa al conflitto armato e a un possibile intervento militare dall’estero, invocato dal Consiglio Nazionale Siriano». L’agenzia cattolica Fides spiega che Mussahala «colma un vuoto creato dal rumore delle armi: non parteggia per alcuna delle parti in lotta, nasce spontaneamente dal basso, dalla società civile, da tutti quei cittadini, parlamentari, notabili, sacerdoti, membri di tutte le comunità etniche e religiose, che sono stanchi della guerra». Fra i promotori e i maggiori sostenitori dell’iniziativa vi sono i cristiani di Homs, di tutte le confessioni. Si sono esposti personalmente soprattutto due preti greco-cattolici, padre Michel e padre Abdallah, il siro-cattolico padre Iyad, il maronita padre Alaa, il siro-ortodosso padre Khazal.
Nei giorni scorsi a Homs si sono svolti due incontri con straordinaria partecipazione popolare. Membri di tutte le comunità che compongono la società siriana: alawiti, sunniti, drusi, cristiani, sciiti, arabi sono arrivati a dichiarazioni comuni, con abbracci e impegni solenni, per la riconciliazione fra gruppi, famiglie e comunità alawite e sunnite – protagonisti principali del conflitto in corso – che si sono pubblicamente impegnate a «costruire una Siria riconciliata e pacifica», in nome del rispetto reciproco. Mussalaha si appella a tutte le parti in lotta e a tutti i leader in campo per restituire «pace e sicurezza al paese e alla popolazione».
Il tutto avviene in un clima mediatico intossicato ai massimi livelli e che come già in passato (Libia, Iraq, Jugoslavia) vede i media mainstream e perfino rapporti dell’Onu (fuori dalla Siria) e di organizzazioni umanitarie riferirsi a «fonti» di parte. Così, i massacri e le violenze vengono invariabilmente attribuiti a una delle due parti, accelerando la costruzione del consenso necessario a un’altra azione militare stile Libia oppure ad accentuare lo scenario di guerra per procura già in atto. Il contrario di quel che occorrerebbe per un vero negoziato di pace.
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