by Sergio Segio | 28 Giugno 2012 17:19
Nel suo editoriale, Le Monde evidenzia una certa impazienza nei confronti dei summit europei che si susseguono e si assomigliano tutti, da quando la zona euro è precipitata nella crisi del debito: “I diciassette stanno tappando le falle. Operano interventi di soccorso quando in realtà si dovrebbero rifare tutte le tubature”. Il quotidiano francese spera che il Consiglio europeo sposi il realismo:
Forse occorreva una corona musicale nell’opera tragica in corso perché gli europei si rendessero conto dell’orlo del baratro. E adesso vi sono vicini. Per la prima volta, hanno messo sul tavolo delle trattative un piano d’insieme che assomiglia all’inizio della soluzione. Occorre che venerdì a Bruxelles tale piano sia adottato, e occorre spingersi ancora oltre. […] Nella ricerca di un compromesso positivo, la responsabilità pesa tanto sulla Francia quanto sulla Germania. Berlino e Parigi devono assumersi i loro rischi per uscire da questo mortifero status quo.
Handelsblatt invece denuncia le “idee pirotecniche”, e ritiene che alcune di esse nuoceranno all’economia tedesca. Soddisfatto per il “nein” di Angela Merkel agli eurobond, Gabor Steingart, il redattore capo del quotidiano economico tedesco, chiede alla cancelliera di spiegare ai suoi colleghi il modello tedesco:
Deve spiegare ai nostri amici che nessuno resterà senza aiuti se la Germania trasmette generosamente i frutti del proprio lavoro. Anzi: dire ‘sì’ all’Europa significa dire ‘no’ alle idee di Barroso. Sostituire i ‘consumi’ e il ‘credito’ al ‘lavoro’ e all’‘impegno’ nel sistema economico europeo ci ha portati alla crisi odierna. Dire dunque con coraggio ‘no’ alle proposte significa dire ‘sì’ all’Europa. Perché l’Europa ha bisogno di una cultura improntata sul rimboccarsi le maniche e non su una filosofia parassita.
“Se non si darà una risposta collettiva, le probabilità che l’euro si disintegri sono reali”, mette in guarda Pàºblico che elenca nei dettagli le possibili conseguenze:
Ritorno alle valute nazionali prive di valore, corsa agli sportelli bancari, inflazioni, ritorno al controllo sui capitali e sui tassi di cambio, chiusura dei mercati, fallimenti in serie, compresi quelli degli stati, e disoccupazione a livelli impensabili. Tutti i dirigenti europei sono consapevoli che la catastrofe dell’euro sarà una tragedia. […] Angela Merkel ha ragione a dire che non ci potrà essere alcuna condivisione del debito se non si condivideranno anche i controlli sui bilanci e il fisco. Hollande ha ragione a dire che la situazione urgente impone un intervento più massiccio del fondo di stabilizzazione sul mercato del debito e della Bce e la creazione degli eurobond. Hanno entrambi ragione, ma nessuno pare disposto a cedere alle argomentazioni dell’altro. E per questo le prospettive sono cupe
Per La Stampa, “era chiaro sin dal meeting tra Monti, Merkel, Hollande e Rajoy” del 22 giugno che il Consiglio che si inaugura questo giovedì “sarà la prima e dura prova attraverso la quale i dirigenti europei cercheranno di istituire e – chissà – forse lanciare una nuova unione monetaria”:
Si era già capito dall’incontro romano fra Monti, Merkel, Hollande e Rajoy che sarà questa la prima ostica prova in cui i leader europei cercheranno di fondare e magari varare una nuova Unione monetaria. Dopo l’Euro Uno, inclinato sul baratro, l’Euro Due. Come potrà funzionare? Quando e fin dove potrà estendersi? Quasi tutti, a parte gli inglesi che all’agonia del vecchio euro guardano dall’alto della loro sterlina, concordano sulla necessità di una rifondazione monetaria; non tutti concordano invece sui tempi e sul dosaggio della formula. Non sarà facile accordare sul concetto di ‘unione politica’ le diverse interpretazioni che ne daranno i diversi Paesi convenuti al vertice, da cui non a caso è stata esclusa la presenza del presidente del Parlamento europeo. Sarà difficilissimo mettere in cantiere una road map per la fase due dell’unione monetaria, dalla quale dovrebbe poi dipendere, o assimilarsi, o sovrapporsi la fase politica. Il dilemma decisivo tra integrazione e disintegrazione non ha purtroppo in riserva una terza possibilità
“Per salvare l’euro occorre prima di tutto sapere, e dire, che la moneta unica europea, come qualsiasi altra cosa al mondo, è mortale e potrebbe quindi scomparire anche domani, se nessuno se ne prende cura o se ne occupa” scrive Lluis Bassets sul quotidiano El Paàs :
Dire che l’euro è irreversibile fa pensare alla preghiera per chiedere la pioggia: più la si ripete, più reale e cupa si fa l’indesiderata immagine di un’Europa senza euro e di un mondo senza Europa. […] Noi l’abbiamo capito perfettamente: l’euro è mortale. Può spirare tra le nostre braccia nei prossimi giorni. A livello mentale siamo già entrati in un territorio inesplorato. […] Non è strano, quindi, che nelle ultime ore le fabbriche europee di documenti, manifesti, articoli e rapporti d’emergenza cerchino di trovare in tutti i modi una formula che possa aprire il rubinetto degli eurobond, della solidarietà salvifica, dell’unione dei trasferimenti finora proibita dalla Germania, garantendo al contempo l’austerity, il controllo e la responsabilità che Angela Merkel esige […] Il problema è che davvero poche di queste idee sono applicabili immediatamente e la loro efficacia è ancora meno dimostrata proprio nel momento in cui occorre contrastare la scommessa dei mercati sulla mortalità dell’euro
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