by Editore | 29 Giugno 2012 6:44
ROMA — «In questo momento siamo nell’abisso», dice il capo del Centro studi della Confindustria, Luca Paolazzi, presentando le ultime, bruttissime, previsioni sull’economia italiana. Dal 2008 la doppia recessione ha provocato un crollo complessivo del
Pil del 10 per cento. Nemmeno la Grande Depressione degli anni 30 fece così male. «I danni economici fin qui provocati dalla crisi — secondo gli economisti di Viale dell’Astronomia — sono equivalenti a quelli di un conflitto, e a essere colpite sono state
le parti più vitali e preziose del sistema Italia: l’industria manifatturiera e le giovani generazioni. Quelle da cui dipende il futuro del paese». In campo non possono esserci solo le misure improntate al rigore. Che, ovviamente, non va abbandonato ma al
quale vanno collegate politiche espansive coordinate a livello europeo. Bisogna cambiare strategie. Di certo, proprio per gli effetti della recessione, slitterà l’obiettivo del pareggio di bilancio fissato per il prossimo anno, nonostante il miglioramento delle finanze pubbliche. Continua a farsi sentire la pressione fiscale: nel 2013 toccherà il 45,4 per cento, considerando anche l’incremento dell’Iva che potrebbe scattare dal primo ottobre prossimo. Gli industriali chiedono di essere «liberati dal piombo della burocrazia» che ogni anno costa loro oltre 26 miliardi di euro.
L’INTERMINABILE RECESSIONE
La recessione, dunque, non ci abbandona. Viale dell’Astronomia ha rivisto al ribasso tutte le previsioni sul Pil. Quest’anno il prodotto interno lordo scenderà del 2,4 per cento contro un meno 1,6 per cento stimato a dicembre. Il segno positivo non ci sarà nemmeno nel 2013, anno in cui il Pil scenderà ancora dello 0,3 per cento, mentre era previsto in crescita dello 0,6 per cento.
SI IMPENNA LA DISOCCUPAZIONE
Un’economia che non cresce non crea nuova occupazione e fa fatica a difendere quella esistente. Le previsioni della Confindustria sono da shock: il 2013 terminerà con 1 milione e 482 mila posti di lavoro in meno rispetto al 2008, mentre il tasso di disoccupazione si appresta a schizzare al 12,4 per cento a fine 2013 con una punta del 13,5 per cento se si contabilizzassero anche gli attuali lavoratori in cassa integrazione.
NO AL RITORNO ALLA LIRA
L’euro è una scelta ormai irreversibile. Gli imprenditori non rimpiangono più la lunga stagione delle svalutazioni competitive. In molti non sono stati capaci di comprendere cosa significava davvero il cambio di epoca con l’arrivo dell’euro. Hanno insistito nel cercare la competizione sui costi, perdendo quote di mercato, senza innovare. In ogni caso il ritorno alla lira «si tradurrebbe nella più colossale patrimoniale mai varata nel paese con cui le ricchezze private verrebbero inevitabilmente sottoposte ad una radicale tosatura di fronte all’impoverimento della maggioranza della popolazione». Vorrebbe dire un ritorno a dieci anni fa in termini di benessere.
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