Bei, fondi e Project Bond una manovra in tre mosse per accelerare la crescita
ROMA — Un’ora e un quarto per tirare su 130 miliardi. Sembrerebbe un miracolo. Oppure uno specchietto per le allodole. In realtà le misure che portano alla maxi somma annunciata nella conferenza stampa di Villa Madama da Monti, Merkel, Hollande e Rajoy sono in discussione da mesi ed erano già inserite nella bozza del Consiglio europeo in programma giovedì e venerdì a Bruxelles. Nulla di nuovo. Tanto che sul tavolo dei quattro leader non c’erano né dossier né calcoli sui quattrini in ballo. È una cifra politica lanciata ieri per comodità mediatica. Eppure il via libera delle quattro maggiori economie dell’eurozona al piano per la crescita a una settimana dal summit europeo non può che essere un successo. Sebbene se ne parli da mesi, c’erano ancora alcune sacche di resistenza a Berlino e in altre capitali del Nord. Se ne rallegra Monti, che nel piano vede molte misure da lui proposte o sostenute. E fa comodo ad Hollande, che la scorsa settimana aveva messo nero su bianco un “Patto per la crescita” da 120 miliardi che, prodigi della politica, in buona parte raccoglieva temi già in discussione da mesi e in via di approvazione. Anche lui potrà cantar vittoria. Ma la parte più innovativa delle proposte di Monti e Hollande -dagli Eurobond allo scudo anti-spread – per ora resta al palo. Facendo temere a molti che i 130 miliardi per la crescita non saranno in grado di convincere i mercati. Con la Grecia che resta un problema non risolto che da un momento all’altro potrebbe riprendere ad abbattere le Borse.
La vera novità di ieri è il via libera a una Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie. Su questo chi ha mollato è Monti, che chiedeva venisse introdotta coinvolgendo tutti i paesi dell’eurozona per renderla più efficace
ed evitare la concorrenza sleale di chi non la adotterà . Si è però deciso di andare avanti con una “cooperazione rafforzata”, quindi con l’ok di almeno nove nazioni. Di certo non ci staranno Gran Bretagna e Lussemburgo.
Ad ogni modo, il piano da 130 miliardi si basa su tre pilastri proposti dalla Commissione Ue: Banca europea per gli investimenti (Bei), Project Bond e fondi strutturali.
BANCA EUROPEA PER GLI INVESTIMENTI
Tutti d’accordo sul via libera all’aumento di capitale di 10 miliardi in favore della Bei. L’intesa sarà siglata venerdì al Consiglio europeo. La cifra, pagata dai governi, permetterà all’istituto con sede nel Lussemburgo di finanziare progetti in favore della crescita e dell’innovazione fino a 60 miliardi. Il tutto, si legge nella proposta del progetto firmata
dalla Bei, «grazie alla capacità di attrazione di capitali privati in progetti che sostengano innovazione, piccole e medie imprese, energia pulita ed infrastrutture in tutti gli Stati membri dell’Unione».
FONDI STRUTTURALI
Altri 65 miliardi da destinare alla crescita arriveranno dal riutilizzo dei fondi strutturali dell’Unione europea rimasti inutilizza-
ti. Scadrebbero a fine anno e per questo inizialmente il blocco delle nazioni del Nord era contrario al loro riutilizzo: avrebbero preferito che venissero restituiti ai governi. Verranno invece usati per finanziare occupazione, efficienza energetica, infrastrutture digitali e imprese.
PROJECT BOND
Cinque miliardi arriveranno dai Project Bond, un progetto pilota che prevede il finanziamento di una serie di infrastrutture europee capaci di generare crescita. Serviranno a dare una garanzia europea alle parti più «rischiose» dei bond emessi da società private per la realizzazione di infrastrutture. Secondo i calcoli del Piano Hollande, se sviluppati in modo appropriato, in futuro con un investimento di 10 miliardi potrebbero generare 150 miliardi di progetti. Proprio per evitare un loro massiccio sviluppo – anticamera degli Eurobond – i tedeschi fino a un mese fa premevano perché nascessero con una serie di vincoli che ne frenassero il successo.
GOLDEN RULE E MERCATO INTERNO
Nel piano per la crescita che sarà approvato la settimana prossima a Bruxelles ci saranno altre misure a costo zero in grado di rilanciare la crescita. Tra queste l’approfondimento del mercato interno chiesto da Monti: si tratta di aprire sempre di più i mercati
europei – come tra i diversi stati degli Usa – in modo da favorire la circolazione di lavoro, servizi e merci. C’è poi la Golden Rule, la possibilità di scorporare gli investimenti pubblici produttivi dal calcolo del deficit. Nelle conclusioni del vertice di Bruxelles non sarà citata apertamente, ma se ne farà indirettamente cenno. Si aprirà dunque a una sua versione light. Come ha confermato ieri Monti: «Siamo d’accordo perché venga presa in considerazione la qualità della spesa pubblica per alcuni tipi di investimenti».
UNIONE BANCARIA
Ci sono poi idee e progetti per dare un futuro migliore all’Europa. Si lavora sul medio-lungo termine con i quattro leader riuniti ieri a Roma che hanno chiesto a Bruxelles di stilare una vera e propria road map per la costruzione delle nuove strutture europee. Van Rompuy (Consiglio Ue), Barroso (Commissione), Draghi (Bce) e Juncker (Eurogruppo) giovedì presenteranno ai leader un loro piano. Che poi sarà definito tra il prossimo autunno e Natale. Uno dei pilastri dell’Ue che verrà è l’Unione bancaria proposta da Barroso. La Merkel non ha mai vissuto l’idea con grande entusiasmo, ma ieri sono stati registrati progressi. La Banking Union prevede una garanzia europea sui depositi, una sorveglianza a livello comunitario e un fondo per il salvataggio delle banche.
EUROBOND E SPREAD
Intanto però bisogna sopravvivere. Perché ci sia crescita e il tempo necessario a riformare l’Unione è necessario mettere fine alle tensioni sui mercati. La Germania apre agli Eurobond, ma solo in cambio della precedente realizzazione dell’Unione
politica. Nell’ottica si tratta di una forte cessione di sovranità che darà a Bruxelles più poteri di controllo sulle politiche economiche e di bilancio dei governi. Solo così Berlino si fiderà ad emettere obbligazioni comuni. L’Italia è già soddisfatta che finalmente di Eurobond se ne parli. E con la Francia preme perché la loro realizzazione entri nella road map per l’Europa e non sia troppo lontana nel tempo. Ma se Roma è a favore dell’integrazione, Parigi è invece ritrosa quando si parla di cessione di sovranità . Monti media. Sembra che ieri Hollande abbia aperto all’Unione politica della Merkel. Intanto, aspettando gli Eurobond, Monti propone uno scudo anti-spread per i governi virtuosi: ogni volta che i tassi superano un determinato livello di guardia, la Bce o il fondo salva- stati comprano i titoli del Paese sotto attacco calmando i mercati. Su questo ieri la Merkel è stata irremovibile: una nazione può essere aiutata solo se prima sottoscrive un memorandum con l’Unione che prevede una serie di riforme e misure di austerità controllate
dalla Troika Ue (questo prevedono oggi le regole). Insomma, l’Italia forte delle riforme e dei sacrifici fatti chiede di essere aiutata sui mercati per evitare un tracollo finanziario ma senza essere sottoposta alla perdita di sovranità riservata ai Paesi ormai falliti, come la Grecia. Ma tedeschi, olandesi e finlandesi dicono di no.
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