Asilo politico per Assange, Quito tace
E nelle stesso ore, l’inglese Scotland Yard ha affermato che se il fondatore di Wikileaks mette il naso fuori la sede diplomatica, l’arresto sarebbe immediato. Il secondo giorno della richiesta di asilo politico di Assange si snoda così tra dichiarazione, indiscrezioni e previsioni.
Oltre a quelle già ricordate, ci sono le dichiarazione dei suoi avvocati e del gruppo statunitense «Center for Constitutional Rights»: «Assange è stato costretto a rifugiarsi nell’ambasciata ecuadoriana perché teme per la sua vita e perché è convinto di un complotto statunitense per estradarlo e condannarlo a morte».
Le indiscrezioni riguardano invece la decisione del governo dell’Ecuador sull’accettazione o meno della richiesta di asilo politico. A margine del vertice G-20, il ministro degli esteri ecuadoriano ha affermato che nel suo paese è garantita la massima libertà di espressione. Ma voci non confermate né smentite danno per certa l’accettazione da parte di Quito della richiesta di Assange. Il quale, nel maggio scorso, aveva intervistato, per la televisione satellitare di stato russa «The World Tomorrow», il presidente dell’Ecuador Rafael Correa, definito un «campione nella lotta contro la povertà ».
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