Arriva lo scudo anti-spread e il fondo salva-Stati potrà  ricapitalizzare le banche

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Una Super-Bce, sceriffo del sistema finanziario europeo. L’iniezione diretta di capitali nelle banche in agonia. Il muro anti-spread. Ma anche la golden rule, per scorporare la spesa per investimenti dal deficit. E i project bond, volano per la crescita. Importanti traguardi del vertice Ue che si è chiuso ieri a Bruxelles. E palesi vittorie incassate dal governo italiano, che proprio su questi punti ha scommesso tutto il suo carico di competenza, credibilità  e ostinazione. I mercati hanno festeggiato, rassicurati dalla mole di
firewall messi in campo per «spezzare il circolo vizioso tra banche e debito sovrano», si legge nel documento finale del summit. A partire dal «meccanismo di vigilanza unica» che guarda a Francoforte, alla Banca centrale europea guidata da Mario Draghi, come il perno di tutta l’azione per salvare Europa e Euro. Per finire all’Esm, il fondo Salva-Stati permanente, ai blocchi di partenza – braccio operativo manovrato «in modo flessibile ed efficace» dalla Bce che ha campo libero – per inoculare linfa alle banche sull’orlo del crac senza appesantire il debito dei loro Paesi, ma anche per calmare lo
spread
e consentire a chi è sotto scacco – ora Italia e Spagna – di finanziarsi a tassi sostenibili. «Stabilizzare i mercati» è il traguardo. Soccorrendo chi ha “fatto i compiti”, rispetta le Raccomandazioni, non sfora il Patto di stabilità , si muove sul sentiero della virtuosità . Ma senza commissariamenti, trojke, programmi inconcepibili di tagli e sacrifici, ripetuti, intempestivi e alla fine inefficaci. Come il caso Grecia, purtroppo, insegna.
Ancora diversi i nodi da sciogliere. Ci penserà  l’Eurogruppo convocato il prossimo 9 luglio. Che si occuperà , soprattutto, di definire lo scudo per contenere le fibrillazioni dello spread. Si vedrà  come, in base a quale banda di oscillazione.
Quanto alta, insomma, dovrà  essere la febbre (200-300 punti o più) perché sia somministrata dalla Bce l’aspirina dell’acquisto libero di titoli, sul mercato primario o secondario. E quanti soldi occorrerà  aggiungere ai fondi Salva-Stati (prosciugati dagli interventi per Irlanda e Grecia).

Gli interventi / sugli spread Acquistabili nuovi titoli e la Trojka rimarrà  fuori    


Lo scudo anti-spread è il pompiere incaricato di spegnere la febbre di mercati e «assicurare la stabilità  finanziaria della zona euro». Una prima, importante, vittoria del governo italiano. Il meccanismo verrà  messo a punto dall’Eurogruppo del 9 luglio, che dovrà  decidere le modalità  tecniche e l’uso dei fondi Salva-Stati (Efsf e Esm). Ma sin da ora ne è chiaro il percorso. Il
firewall, la barriera calmaspread, si innesta quando il divario dei tassi con i Bund tedeschi diventa insostenibile per un Paese dell’eurozona. Come accade da mesi a Italia e Spagna. Il governo sotto “attacco” può richiedere l’aiuto del salva-Stati e per ottenerlo firma un «memorandum d’intesa» (le condizioni) con la Commissione Ue che certifica il rispetto delle Raccomandazioni approvate nell’ambito del semestre europeo (riforme strutturali, correzione degli squilibri di deficit e debito). Se il paese è “virtuoso” ha accesso al programma. A quel punto, si muove la Bce che agisce «da agente per conto di Efsf/Esm». Ne usa cioè i soldi (per ora limitati). Acquista titoli sul mercato secondario o anche primario. Infine monitora, con la Commissione, la “virtuosità ”. Il Paese non viene “commissariato”. Non arriva la Trojka. Non c’è un programma di altri sacrifici. 

L’unione bancaria / Draghi super-sceriffo sgravati i bilanci pubblici    


La ricapitalizzazione diretta delle banche in difficoltà  è la svolta del vertice Ue. Il meccanismo è legato alla nascita di un super-sceriffo dell’eurozona, incaricato della «vigilanza unica», «con il coinvolgimento della Bce». Primo pilastro, questo, dell’unione bancaria da realizzare entro l’anno (garanzia europea dei depositi e fondo di liquidazione delle banche fallite, gli altri). Solo dopo, il fondo Salva-Stati permanente (Esm) potrà  iniettare capitali nelle banche in agonia, senza passare per gli Stati e aggravarne i bilanci. Il caso spagnolo insegna. Le banche iberiche hanno bisogno di 62 miliardi. Ma in base alle regole oggi in vigore, i soldi vanno allo Stato e diventano debito pubblico. Non solo. L’Esm ha lo status di creditore privilegiato, il primo ad essere rimborsato in caso di
default sovrano, lasciando i creditori privati a secco. Un corto circuito pericoloso che in questi giorni ha alimentato la fuga dello spread Bonos-Bund. Questo status ora salta. Non solo. Il prossimo 9 luglio, l’Eurogruppo potrebbe accelerare la procedura. La “super Bce” è attesa entro l’anno. Troppo tardi per la Spagna. Ecco l’idea di una staffetta Efsf-Esm. Interviene prima il vecchio fondo. Poi il nuovo. A condizione, per il Paese, di aver “fatto i compiti”. 

Il rilancio della crescita / Primo sì alla golden rule e ai nuovi project bond    


Importanti vittorie italiane anche nel capitolo sviluppo. Arriva la golden rule, la regola d’oro sponsorizzata con forza dal premier Monti, che consentirà  ai governi di scorporare la spesa per investimenti dal calcolo del deficit. La Commissione europea si è impegnata a elaborarne il funzionamento entro l’anno. Avanza pure il completamento della direttiva sui servizi (la “Bolkestein”) che favorirà  ampia mobilità  dei lavoratori in tutti i Paesi dell’Unione. Così come si sblocca il brevetto Ue, il mercato unico dell’energia (entro il 2014) e del digitale (entro il 2015), come chiesto dalla “Lettera dei 12”, promossa dall’esecutivo italiano lo scorso febbraio. Mobilitati, infine, 120 miliardi (l’1% del Pil europeo) per rilanciare crescita e occupazione e contrastare i pesanti venti di recessione. Il “growth compact” ha tre gambe. Primo: una ricapitalizzazione della Banca europea degli investimenti (Bei) “cash” da 10 miliardi che ne sbloccherà , con l’effetto leva, 60 di nuovi crediti (e 120 dai privati) per finanziare infrastrutture, pmi, piani industriali. Secondo: 4,5 miliardi di project bond (garantiti da Bei e bilancio Ue) con cui rivitalizzare trasporti, energia, banda larga. Terzo: 55 miliardi di fondi strutturali riprogrammati per giovani, ricerca e innovazione. 

La riforma dell’Unione / Condivisa parte dei debiti e in futuro il ministro unico    


Approvato anche il piano dei “quattro presidenti” (Van Rompuy-Draghi-Barroso-Juncker) su unione bancaria, fiscale e politica, che sarà  aggiornato il prossimo ottobre e prevederà  una “road map” in dicembre. La cui attuazione, però, non sarà  breve. Almeno 5-10 anni, come minimo. Nel breve, si punta alla sola unione bancaria. Più controversa, l’unione fiscale che ruota attorno al “fondo di redenzione”, in cui far confluire le quote di debito pubblico eccedenti il 60% dei vari Paesi, per la messa in comune dei rischi. E ancora, un ministro delle Finanze centrale, gli eurobill (ovvero eurobond in forma ridotta, osteggiati però dai tedeschi fino a ieri), le manovre finanziarie dei Paesi zoppicanti “bollinate” e riscritte da Bruxelles, un livello massimo annuo di debito e deficit concordato, oltre il quale bisogna chiedere il permesso per andare in asta. Non ancora liquidata la Tobin tax (ma se ne parla meno). A coronamento del tutto, una cessione di sovranità  importante, vista con prudenza e circospezione a Parigi. In pratica una delega Ue a “tassare e spendere”. Il piano parla di «forti meccanismi per un potere decisionale che renda conto e sia legittimo». In pratica l’unione politica, auspicata dai padri fondatori. Ma realisticamente lontana. 


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