Al lavoro in bici, indennizzi a rischio: solo 4 casi mortali riconosciuti dall’Inail

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ROMA – Gli infortuni mortali “in itinere” (tragitto da casa al lavoro e dal lavoro a casa) che avvengono con la bicicletta sono in aumento: sono stati 4 nel 2010, mentre nel 2009 era stato registrato solo un caso e nel 2008 due. Gli incidenti invece sono in lieve diminuzione: 1270 nel 2010 a fronte di 1.297 nel 2009 e 1.071 nel 2008. Lo dice l’ultimo rapporto dell’Inail. Ovviamente in questi casi si parla di infortuni indennizzati, cioè riconosciuti dall’Istituto assicurativo come incidenti avvenuti mentre si andava al lavoro. Anche per questo il numero sia degli eventi mortali che degli infortuni rimane così basso. Le tutele per chi decide di andare al lavoro in bici, infatti, non sono così automatiche, soprattutto in città  rischiose come Roma. Per essere riconosciuti come infortuni sul lavoro, bisogna dimostrare che la bici sia il mezzo migliore per recarsi in ufficio, altrimenti secondo l’Inail ci si espone volontariamente al rischio. Per l’uso “necessitato” delle due ruote, infatti, è necessario che i mezzi di trasporto sia insufficienti o assenti e che il  tragitto non sia percorribile a piedi. Non solo ma è considerato un discrimine per l’indennizzabilità  che l’evento si verifichi o meno sulla pista ciclabile o in una zona interdetta al traffico. Ma in città  come Roma, dove le piste ciclabili sono un miraggio o sono presenti solo per brevi tratti?

Proprio per far fronte a questo problema la Fiab (Federazione italiana amici della bici) ha lanciato una campagna per la piena tutela dei lavoratori che si recano al lavoro in bicicletta. In particolare con una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Mario Monti, al ministro Elsa Fornero e ai presidenti di Camera e Senato si chiede di equiparare, dal punto di vista assicurativo, gli spostamenti in bici a quelli fatti a piedi o con il mezzo pubblico, per incentivare così l’uso delle due ruote. Un “maggior uso delle biciclette determinerebbe un risparmio, anche dal punto di vista assicurativo, perché chi usa la bici è infinitamente meno pericoloso di chi usa l’auto e si ridurrebbe proporzionalmente il numero e la gravità  degli incidenti che accadono nelle nostre strade”, sottolineano.

“Abbiamo molto apprezzato la nota con cui Lei ( Mario Monti, ndr)il 14 maggio scorso ha dato sostegno alle istanze della campagna #salvaiciclisti – si legge nella lettera – sottolineando i vantaggi economici derivanti dall’uso della bicicletta in ambito urbano e definendo la bicicletta come “mezzo di trasporto ‘intelligente’, sia dal punto di vista dell’impatto ambientale, sia a livello economico, dato che riduce sensibilmente i costi legati alla mobilità  urbana, sia, aspetto non meno rilevante, per la salute degli individui. Infatti, in questo periodo di crisi economica, per ridurre i costi derivanti dalla mobilità , molte persone fanno sempre più ricorso all’uso della bici, anche per andare al lavoro. Purtroppo nel nostro Paese coloro che decidono di utilizzare la bici per recarsi al lavoro, si trovano a confrontarsi con una legislazione che, non solo non incentiva, ma addirittura penalizza chi utilizza questo mezzo di trasporto.” La campagna è stata lanciata dalla Fiab, in collaborazione con Ecf, la Federazione Europea dei ciclisti e il movimento #salvaiciclisti nato quest’inverno e cresciuto nel corso dei mesi fino a portare a Roma il 28 aprile scorso 50.000 ciclisti.

“Questa discriminazione è oggettivamente una follia, un assurdo giuridico: ci sono stati incentivi del governo per l’acquisto delle biciclette e poi manca il riconoscimento degli infortuni in itinere – afferma Alberto Fiorillo, uno dei rappresentanti del movimento  #salvaiciclisti – La norma  va cambiata. Accanto a questo è una follia che una persona che va a lavorare rischi di morire. Bisogna mettere al riparo i ciclisti ma anche i pedoni, facendo una rivoluzione copernicana della mobilità , perché sia realmente sostenibile”. Secondo i dati del movimento sono stati 283 i ciclisti  vittime della strada nel 2010, 15mila i feriti. (ec)

 

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