by Editore | 26 Giugno 2012 10:30
La vittima numero 51 di una missione di pace da tempo trasformata in guerra è un carabiniere scelto di Galatina, piccolo centro vicino a Lecce. Si chiamava Manuele Braj e aveva 30 anni. Lascia una moglie di 28 e un figlio di appena sei mesi. Il viso aperto e sorridente, un carattere gioioso, quasi esuberante, lo rendevano simpatico a tutti. Non solo nel paese dove era cresciuto e dove tornava appena poteva. Ma anche nella grande base italiana di Herat, nell’Afghanistan occidentale, dove era arrivato il 7 settembre scorso e nel centro di addestramento di Adraskan, a pochi chilometri di distanza, dove da alcune settimane, come membro del Police Speciality training team (Pstt) insegnava alla polizia locale i segreti e le tecniche del mestiere.
Assieme a due carabinieri e a un soldato, ieri mattina si trovava all’interno di una garitta: un gabbiotto di cemento realizzato lungo le mura difensive per vigilare sull’esterno. Alle 8,50 (le 6,20 in Italia), quando il sole era già alto e il caldo dell’estate afgana si fa sentire, la garitta è stata centrata da un ordigno, forse un razzo: l’esplosione ha distrutto la struttura. Il fumo, i detriti sollevati in cielo
e poi sparpagliati per decine di metri hanno impedito all’inizio di capire cosa fosse successo. Si è pensato di tutto. Ad un assalto, ad un attentato suicida, ad un incidente provocato da qualche recluta che si era fatta sfuggire una bomba. Ad un’esplosione involontaria avvenuta all’interno della stessa garitta.
È accaduto più volte in passato. L’Afghanistan è un paese in guerra. I Taliban, ormai sciolti in una galassia che risponde più a logiche di clan che ad un comando centralizzato, sono sempre più attivi in tutte le regioni. Da qualche settimana hanno moltiplicato gli attacchi. Sono galvanizzati
dal ritiro della forza multinazionale, ormai imminente, che si annuncia comunque complicato.
Le notizie riprese dalle agenzie di stampa di Kabul parlavano di una sparatoria avvenuta all’interno del centro di addestramento. Le voci si sono inseguite per tutta la mattinata. Voci sorrette da dichiarazioni ufficiali che smentivano la versione del lancio di un razzo fornita invece dal ministero della Difesa italiano. Il bilancio era grave. Il carabiniere scelto Braj era morto sul colpo. Il maresciallo capo Dario Cristinelli, 37 anni, di Lovere (Bergamo) ma che vive a Pisa e il carabiniere scelto Emiliano Asta, 29 anni, di Alcamo (Trapani) erano feriti gravemente alle gambe.
Sono effettivi alla seconda
Brigata mobile di Livorno e al 7° Reggimento “Trentino Alto Adige”. Un quarto militare se l’era cavata per un soffio.
È arrivata la squadra dei tecnici, ha analizzato i reperti ma ha faticato per stabilire la verità . «Purtroppo
», ci racconta da Adraskan il tenente colonnello Alessandro Lingeri, comandante afgano del centro, «il colonnello Fazi Ahmad Khalili, capo della scuola di polizia afgana, aveva parlato con i giornalisti e si era lasciato andare a conclusioni affrettate. Parlava di un’esplosione seguita da sparatoria. C’era stata solo un’esplosione e la garitta era andata in pezzi. Ma non c’è alcun dubbio: i nostri rilievi dimostrano che il carabiniere è stato ucciso da un razzo sparato da 4 chilometri».
Subito è arrivato il cordoglio
del presidente Napolitano. Il presidente Usa Barack Obama ha chiamato il premier Monti per esprimergli «l’apprezzamento dell’America per il contributo che l’Italia sta dando in Afghanistan». Mentre il ministro della Difesa Di Paola parla di «attentato vigliacco »; il collega Terzi, degli Esteri, alimenta i dubbi: «Non ho elementi a sufficienza per dire se si è trattato di un attentato o di un incidente ». I Taliban rivendicano l’attacco. La squadra dei tecnici individua il punto di impatto e i residui dell’ordigno: è un razzo da 107 millimetri, tipico degli Rpg. Da una settimana la zona è tempestata dal lancio di missili e obici. «La verità è semplice e insieme drammatica», ribadisce il colonnello Lingeri. «Manuele Braj era affacciato alla finestrella della garitta e appoggiato sui sacchetti di sabbia. Da sud è stato sparato il razzo che lo ha investito in pieno. Il suo corpo ha protetto gli altri tre. Se ci fosse state un’esplosione interna sarebbero morti tutti».
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