“Adesso si scatenerà il panico nessuno vorrà più tornare a casa” tra i terremotati torna la paura
FINALE EMILIA — La notizia arriva al bar Fly mentre come ogni sera si sta distribuendo un piatto di pasta a chi non se la sente di fare la fila nella tendopoli. «Sì, ci mancava solo questa», dice il titolare, Matteo Veronesi detto Teo, uno dei pilastri della resistenza contro il terremoto. «Adesso sì che si rischia il panico. Fino a pochi minuti fa c’era un’aria diversa, quasi di speranza. Insomma, il terremoto si è spostato da un’altra parte e noi abbiamo pensato: forse abbiamo finito la nostra dose. Invece adesso dicono che ci siamo ancora dentro, anzi, che possono arrivare nuove forti scosse. Stavamo già lavorando per accelerare i
tempi, per tornare a casa. Ci sono case come la mia che vanno incatenate altrimenti se arriva un’altra sberla — e questo lo dicevamo anche prima dell’allarme della commissione Grandi Rischi — cade giù del tutto. Adesso quali saranno le imprese che entreranno in zona rossa per fare i lavori? Ma la cosa più grave è che questo allarme farà tornare indietro la testa della gente di venti giorni, al primo terrore».
Il sindaco Fernando Ferioli ha già sentito gli altri sindaci dei paesi e delle città colpite. «Posso dire che siamo tutti incazzati, e di brutto. Ma come si fa ad annunciare una cosa del genere? Da quando in qua, all’improvviso, si possono prevedere i terremoti? E se adesso sanno come fare, perché dopo la scossa del 20 maggio non hanno previsto quella del 29?». Il sindaco, dopo venti giorni di trincea, cerca di ragionare. «Vorrei sapere se l’allarme nasce da una ricerca scientifica o da un’ipotesi statistica. Li voglio qui, quelli della Commissione, a spiegare ai miei cittadini le ragioni di questo comunicato. Se a dare l’allarme è stata la statistica, non c’era nessun bisogno di creare panico. Lo sappiamo già che dopo una forte scossa
ne può arrivare un’altra. E non siamo rimasti con le mani in mano. Anche se con pochi mezzi, pochi uomini e pochissimi soldi abbiamo iniziato a mettere in sicurezza case e palazzi, abbiamo lavorato perché un altro eventuale sisma non provocasse altre vittime».
La notizia dell’allarme si sparge veloce fra le tendopoli ufficiali e le altre migliaia di tende che ormai occupano ogni prato e giardino. «Abbiamo 4-5 mila sfollati, quelli della zona rossa, assistiti dalla Protezione civile e dai volontari ma non credo che nessuno dei miei 16.000 concittadini dorma in una casa di pietra. Insomma, non abbiamo bisogno di sapere da questa Commissione che dobbiamo stare attenti. Ma un allarme
come questo ci spezza. Chi lo dice adesso, alle imprese e alle industrie, che non se ne debbono andare, che debbono reinvestire qui? Cosa succede se il panico spinge le forze valide della città alla fuga? Io ho intenzione, e come la pensano altri sindaci, di denunciare la Commissione per procurato allarme».
Anche a San Carlo, la frazione di Sant’Agostino che già con la prima scossa vide uscire fango e sabbia dai pavimenti delle case e dei negozi, inizia una notte di terrore. «Qualcuno nei giorni scorsi è rientrato nelle case agibili», racconta il vicesindaco Roberto Lodi. «Io sono uno di quelli. La casa ha qualche lesione, ma sembra robusta. Tre notti in macchina poi sono
tornato in camera mia, perché è al piano rialzato e devo fare solo quattro gradini per scendere. Non siamo gente avventata, abbiamo ragionato. Abbiamo avuto cinque morti, a Sant’Agostino: quattro operai in due capannoni industriali e una signora di 103 anni colpita da un calcinaccio in una casa che comunque ha retto la scossa. Se sono rimaste su finora, abbiamo pensato, resisteranno ancora, le case che noi stessi abbiamo costruito. Fino a oggi dormivano in tendopoli o al PalaReno cinquecento persone, altre centinaia erano in casa. Ora la paura può fare veri disastri. Avevamo e abbiamo bisogno di tutto, ma non certo del panico».
Le scuole sono ancora tutte
chiuse, l’anno scolastico è finito il 20 maggio. Ma non si sa dove mettere i bambini e i ragazzi. Per questo un segno di rinascita è stata l’apertura dei centri estivi, dove i bimbi possono trovare giochi e compagnia. «Io dovevo aprirlo — dice il sindaco di Cento, Piero Lodi — proprio domani. E adesso, cosa faccio? Chi si prende la responsabilità dopo questo allarme? Questa Commissione non dà nessuna indicazione su come muoversi e cosa fare. Certo, la sicurezza è importante, ma non possiamo rimanere paralizzati dalla paura».
Al bar Fly di Finale arrivano in tanti, mentre comincia una notte molto difficile. «E pensare — racconta Teo Veronesi — che proprio per domani sera avevamo organizzato una festa musicale, con Paolo Belli e i dj. Bisogna anche sapere sorridere. Se pensi solo al terremoto, vai giù di testa e dei giù di testa se ne vedono già tanti. Prima di questo allarme, pensavamo: quando tutto sarà finito, dovremo disintossicarci. Si mangia troppo, si beve e si fuma troppo. Ecco, erano questi i nostri pensieri. Ma panico o non panico, noi la festa la facciamo comunque».
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