Un milione di verifiche sulle detrazioni
ROMA — Sono circa un milione le lettere inviate in questi giorni dall’Agenzia delle Entrate ai contribuenti. Obiettivo: verificare che le spese che danno diritto a detrazioni o deduzioni fiscali (spese sanitarie, mutui, ristrutturazioni edilizie) «siano state effettivamente sostenute e correttamente indicate in dichiarazione». Ieri l’Agenzia delle Entrate ha voluto precisare che non si tratta di «controlli massivi» ma di «un’attività di riscontro, assolutamente di routine, eseguita per norma entro il secondo anno successivo alla presentazione della dichiarazione».
Nella richiesta è indicato il termine di 30 giorni per presentare la documentazione che decorre dalla data di ricevimento della lettera da parte del contribuente. «A quest’ultimo riguardo — si precisa — non sono richieste particolari formalità di prova». Un chiarimento necessario, visto che sulle buste delle lettere non è impresso un timbro postale con una data che possa fornire prova del rispetto del termine. Cosa succede se non si presenta la documentazione anche in fotocopia? L’Agenzia «procederà alla rettifica dei dati dichiarati e alla comunicazione dell’esito del controllo e delle relative somme dovute». Nessuna ulteriore sanzione.
Intanto, alla vigilia dell’incontro di domani tra il premier Mario Monti e il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, non cessa l’allarme circa le proteste dei contribuenti contro il Fisco. Ieri il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, ha espresso «solidarietà » ai lavoratori dell’Agenzia e di Equitalia.
Ma per il governo i problemi non vengono solo dal fronte delle entrate. Su quello dei pagamenti si registra l’iniziativa senza precedenti dell’Ance (associazione dei costruttori) che ha deciso di «portare lo Stato alla sbarra» per i mancati pagamenti alle imprese. I ritardi hanno raggiunto i nove mesi, con punte fino a due anni. Ieri il presidente Paolo Buzzetti ha illustrato il senso del D-Day tenutosi a Roma: le aziende creditrici faranno partire una sorta di enorme class action contro lo Stato. Sono già giunte segnalazioni per un miliardo di euro di crediti dovuti ad aziende «già in condizioni di fare un decreto ingiuntivo». Ma le imprese edilizie vantano crediti complessivi per ben 19 miliardi (9 dei quali sono di aziende Ance). Si inizierà con una diffida, e se non seguiranno i pagamenti, verranno presentati i decreti ingiuntivi.
«Non vogliamo pagamenti con baratti, Bot, Cct, garanzie varie — ha spiegato Buzzetti — se li tenessero. Vogliamo essere pagati in denaro come prevede il contratto. Vogliamo liquidità ». Non solo: per l’Ance non va bene nemmeno la soluzione che il governo sarebbe pronto a varare, cioè la cessione dei crediti pro solvendo. «Vogliamo quella pro soluto — ha detto il presidente — perché è l’unica in grado di liberare linee di credito per l’imprenditore e chiediamo un impegno della Cassa depositi e prestiti».
Una protesta clamorosa, quella dell’Ance, scaturita da dati impressionati: dal 2009 hanno chiuso 7.552 imprese di costruzioni, bruciando 380 mila posti di lavoro. Solo nel primo trimestre 2012 i fallimenti sono stati 750: l’8,4% in più rispetto allo stesso periodo del 2011. «Le gare di appalto nel primo biennio del 2012 hanno visto un dimezzamento del numero e del valore rispetto allo stesso periodo del 2011» fa notare il presidente di Ance Lazio, Stefano Petrucci.
«Agli enti locali è vietato spendere anche le risorse che hanno in cassa», è questa la «principale causa dei ritardi dei pagamenti» ha detto Buzzetti. Una teoria raccolta ieri a nome dell’Anci (associazione dei Comuni) dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che ha chiesto una modifica al Patto di Stabilità e risposte concrete nell’incontro con il governo, fissato per il 22 maggio, «altrimenti saremo costretti a violare quel patto, come ha già fatto il Comune di Torino e si appresta a fare quello di Napoli».
L’appello di Ance e Anci è stato raccolto dai politici al presenti al D-Day: per il vicesegretario del Pd, Enrico Letta, è venuto il momento per il governo di «portare le soluzioni sui pagamenti in Parlamento». Mentre il capogruppo Pdl in Senato, Maurizio Gasparri, ha sfidato il ministri dell’Economia, Vittorio Grilli, e dello Sviluppo economico, Corrado Passera: «Sentiamo molti annunci: li attendiamo alla prova dei fatti».
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