by Editore | 11 Maggio 2012 10:04
Ai non tedeschi sembra ovvio. Perché l’euro abbia un futuro come moneta unica, i Paesi dell’Europa del sud devono recuperare competitività . Non potendo svalutare, il guadagno di competitività può venire dalla deflazione «mediterranea» di prezzi e salari. Il che però provoca i costi sociali e politici di cui si è visto un trailer in Grecia e che potrebbero estendersi al resto d’Europa. Oppure — pensano i non tedeschi — il recupero di competitività potrebbe arrivare se la Germania accettasse un tasso di inflazione più elevato della media euro. Come ha appunto ammesso, per la prima volta, Weidmann. Come questo possa avvenire senza che la Bundesbank abbandoni la sua famosa ossessione anti-inflazione non è chiaro.
C’è però qualche segno di luce in fondo al tunnel. L’IG Metall, il più potente sindacato dei lavoratori tedeschi, ha richiesto aumenti salariali del 6,5 per cento. Gli imprenditori per ora offrono meno della metà . Ma il ministro Schauble, facendo da sponda al sindacato, ha ricordato che «un aumento salariale per i lavoratori tedeschi aiuta a ridurre gli squilibri nell’eurozona». E se i salari accelerano, i tedeschi consumeranno un po’ di più, proprio ciò che serve al resto dell’Europa.
Qualcosa di simile deve essere già in atto. In marzo, l’export della Germania è aumentato per il terzo trimestre di fila, spingendo in alto la fiducia delle imprese. Ma con la solida ripresa dell’export c’è anche quella delle importazioni, di nuovo cresciute più delle esportazioni. E così le aziende di abbigliamento spagnole e la meccanica italiana tirano il fiato perché vedono gonfiarsi il portafoglio ordini. Se davvero la correzione degli squilibri europei arrivasse dall’aumento di consumi e investimenti tedeschi anziché dalla loro spesa pubblica, avremmo la quadratura del cerchio.
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