Sopravvissuti a una silenziosa apocalisse

by Editore | 9 Maggio 2012 6:23

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Nato nel New Jersey nel 1961 e definito addirittura il «Cechov americano», Perrotta – di cui e/o ha già  pubblicato L’insegnante di astinenza sessuale e Intrigo scolastico – ha riscosso un buon successo con il romanzo Little Children, dal quale è stato tratto un film. È anche sceneggiatore per il cinema, attività  con la quale ha ottenuto una nomination all’Oscar. Questo Svaniti nel nulla, appartenente al genere fantastico/apocalittico, è attraversato da timori millenaristici che si avverano attraverso una specie di castigo biblico, consistente nella misteriosa scomparsa di centinaia di persone. Tutto ciò lascerebbe pensare all’ennesimo «polpettone scalaclassifiche», se non fosse per l’inquietante descrizione del sostrato psichico di una provincia americana niente affatto remota. La cifra apocalittica è quindi solo la maschera narrativa di un romanzo profondo e crepuscolare che non insegue colpi di scena privilegiando, al contrario, l’apocalisse personale dei sopravvissuti, reduci dalla tragedia che tentano di curare l’angoscia persistente. 
Nello stesso giorno, milioni di persone di ogni età , sesso, religione, spariscono in tutto il mondo. Non ci sono stati cataclismi, conflitti, disastri, contagi, eventi naturali. Tutto accade senza un’apparente spiegazione, non ci sono vittime né carnefici. È successo, non si saprà  mai il perché. E quelli che sopravvivono sono gli «avanzi» del genere umano (non a caso, il titolo originale del volume è The Leftovers, i «ritagli»). Questi si trovano a dover far fronte all’evento ciascuno a suo modo, chi cambia radicalmente il modo di vivere, chi abbandona tutti per entrare in improvvisate comunità  dominate dal senso di colpa per «essere rimasti», chi resta invischiato in un cieco fanatismo. Il senso delle cose sembra scomparso. Eppure il mondo va avanti, come se nulla fosse accaduto. 
Svaniti nel nulla affronta un evento traumatico di ampia portata ma si concentra sulle reazioni dei singoli personaggi, dal momento in cui «nulla sarà  come prima». L’impossibilità  di tornare indietro impone la necessità  di ricostruire i confini del proprio mondo esteriore e interiore, l’organizzazione di un nuovo modo di vivere. Il vero argomento del romanzo è il modo in cui gli individui subiscono cambiamenti che sfuggono alla comprensione e i tentativi di superare il trauma subito. Il dramma trova la sua compiuta dimensione narrativa nella comunità  di Mapleton e in particolare nella famiglia Garvey, le cui paure diventano lo specchio di un’umanità  che prova a guardare ancora con speranza al futuro. L’autore descrive le dinamiche di questa famiglia, i cui componenti reagiscono all’inspiegabile mistero, ciascuno operando una scelta per sfuggire all’orrore: la madre entrerà  in una setta chiamata «i colpevoli sopravvissuti», il padre diventerà  sindaco impegnandosi per il bene della comunità , il figlio diventerà  seguace di un guru, la figlia si dedicherà  ad una frenetica vita sessuale che l’autore rappresenta nei suoi aspetti più deludenti. Sia nella storia delle sparizioni, che avvengono sotto una pioggia continua che evoca atmosfere alla Blade Runner, che nel racconto nel microcosmo famigliare, il futuro, evocato come elemento oscuro e inquietante, è la dimensione che fa esplodere inquietudini e malesseri esistenti. Più che la pioggia continua e le sparizioni di massa, a incutere angoscia è la solitudine atomizzata delle nostre città  e periferie, quasi come in un saggio di Zygmunt Bauman.

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