Si impone Doria, ondata di astenuti
GENOVA — Alle 16 e 29 minuti i sostenitori di Marco Doria srotolano lo striscione arancione che annuncia la vittoria sulla facciata di palazzo Spinola di Luccoli. Il futuro amministrativo di Genova inizia tra questi palazzi dell’aristocrazia, a un passo dalla via Aurea, via Garibaldi, dove c’è la sede del Comune e dove abita anche il neosindaco. «Ho saputo di aver vinto da un signore che ho incontrato per strada nei vicoli» dice l’eletto con totaleunderstatement. Doria ha concluso la sua corsa con il 59,7 per cento contro il 40,3 per cento di Enrico Musso, entrambi candidati indipendenti. Doria sostenuto dal Pd (oltre che da Sel, Idv, Rifondazione) dopo aver surclassato alle primarie del centrosinistra il sindaco uscente Marta Vicenzi e la senatrice Roberta Pinotti. Musso ex liberale, poi Pdl, ora nuovamente liberale, era sostenuto da Udc e Fli.
Ma il ballottaggio ha mischiato le carte in una città che — soprattutto — si è dichiarata stanca e non è andata a votare: mai la percentuale dei votanti è stata così bassa, il 39,08 per cento pari a 196.864 elettori su 503.752 aventi diritto. «Era prevedibile — ha commentato Doria — ma è un preoccupante segnale di disaffezione per la politica. Bisogna recuperare un rapporto. L’astensionismo alto però c’è anche in America». In numeri assoluti hanno votato Doria 114.000 genovesi, diecimila in meno rispetto al primo turno, mentre Musso che ha raccolto voti dal Pdl ha duplicato i suoi passando dai 39.500 del primo turno (pario al 15 per cento) a 77 mila. «Se si fosse votato ancora tre o quattro volte avrei vinto io» ha detto Musso, che pure è docente di Economia, con ragionamento un po’ balzano. Hanno contribuito ad abbassare la percentuale dei votanti anche i grillini che con il loro 14% al primo turno hanno sfiorato il ballottaggio e sono diventati il secondo partito di Genova dopo il Pd. Il candidato del Movimento 5 stelle Paolo Putti aveva dato la linea «né con Doria né con Musso». I grillini portano cinque consiglieri in Comune e idee bellicose sulle infrastrutture.
Doria sindaco di pochi, sindaco di tanti, sindaco di tutti («Non lo dico, è una banalità », dichiara l’interessato): la già stanca polemica si trascina in una città che ha voltato pagina e chiede al neosindaco che cosa farà per il trasporto pubblico prossimo al collasso, le emergenze sociali e l’Imu. «Percorso impegnativo», dice Doria già nel salone di rappresentanza di Palazzo Tursi, fra affreschi e antichi ritratti (chissà se ce n’è qualcuno di un suo avo).
Per costruire la giunta se la dovrà vedere con i partiti dei quali respinge a priori le richieste «da manuale Cencelli»: «Farebbero torto al loro elettorato che ha dimostrato di essere stufo di queste vecchie logiche», dice e promette «forte presenza femminile, il 50 per cento». Intanto, ha preso contatto con il presidente pidiessino della Regione Liguria Claudio Burlando, abituato ad essere un po’ quello che tiene la bussola della politica a Genova. Burlando e Marta Vincenzi sono stati protagonisti di famose litigate. Ma anche Doria potrebbe rivelarsi un osso duro.
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