Senza lavoro e col mutuo da pagare: si impicca

by Editore | 7 Maggio 2012 11:59

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VENEZIA – Non ce la fa a pagare il mutuo e s’impicca. Un altro caduto sul lavoro che non c’è. Federico Pierobon, 40 anni di Martellago, un Comune alle porte di Venezia, prima di togliersi la vita ha inviato l’ultimo sms disperato alla fidanzata, nel cuore della notte. Ma la decisione l’aveva già  presa, accanto al corpo è stato rinvenuto un biglietto d’addio con cui il muratore quarantenne, ha cercato di spiegare il terribile gesto: la crisi, il lavoro che è venuto a mancare, i soldi che non bastano e anche una storia d’amore complicata. Il testo del biglietto sembra essere la testimonianza della depressione nella quale era precipitato, da quando lavorava sempre meno.
Era un artigiano, muratore e piastrellista. Una volta il lavoro non era un problema, ma pian piano è iniziato a diminuire, finché negli ultimi mesi gli è venuta meno ogni certezza per il futuro. Lavoretti sempre più saltuari e sempre meno retribuiti, che l’hanno gettato nella disperazione. Stavolta non c’entra Equitalia. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il mutuo in banca. Ma l’effetto è stato il medesimo.
La fidanzata, con cui aveva un rapporto altalenante, non è risucita a fermarlo. Non è riuscita a leggere in tempo l’sms. Quando si è accorta ha provato a chiamarlo al cellulare. Non sentendo alcuna risposta si è precipitata da lui assieme a un amico, quindi è scattata la macchina dei soccorsi, ma era troppo tardi. 
Federico Pierobon è la vittima numero 33 di quello che ogni giorno che passa assume sempre più i contorni di un vero e proprio bollettino di guerra, costantemente aggiornato dalla Cgia di Mestre. Il Veneto è in testa a questa tragica classifica. Con Federico salgono a 11 i suicidi per colpa della crisi. Ma prima di lui, solo a qualche giorno fa, a Volpago del Montello, in provincia di Treviso, si era impiccato un imprenditore di 52 anni. Aveva deciso di farla finita nella cabina del suo camion.
Ma il Veneto rappresenta sola la punta dell’iceberg. È in fin di vita Pietro Paganelli, l’imprenditore di Napoli che si è sparato un colpo in testa sabato scorso, dopo che il figlio aveva ricevuto una cartella di Equitalia. Una richiesta di 11mila euro che faceva seguito a un’altra cartella esattoriale che aveva ricevuto lui stesso poco tempo prima. Non ha retto alla seconda raccomandata. Si è seduto in poltrona e si è sparato un colpo. Secondo la famiglia, però, il debito era nato per un errore della società  di riscossione, che gli aveva notificato due volte richieste di pagamento della Tarsu e di versamenti all’Inail in seguito ad un cambio della numerazione nella strada dove si trova l’officina di riparazioni nautiche in via Fedro, nella zona di Mergellina.
Più a sud, a Enna, sempre nella giornata di sabato, si è tolto la vita Gaetano Trovato Salinaro, un precario di 47 anni, sposato e padre di due figli di 9 e 4 anni. La ditta per la quale lavorava gli aveva ridotto l’orario e il salario. Sembra uno stillicidio senza fine. Dalla Cgia di Mestre, che sta monitorando questa tragica escalation di suicidi, arriva un appello al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano perché intervenga per spezzare la spirale di solitudine in cui sono precipitati milioni di lavoratori, facendo sentire la vicinanza delle istituzioni.

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