Se n’è andata la “ragazza di bube”

by Editore | 25 Maggio 2012 9:36

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È morta ieri, in un ospedale fiorentino, di morte naturale, un’anziana signora. Si chiamava Nada Giorgi. Ecco, in apparenza, una non-notizia. La donna aveva ottantacinque anni e a prima vista non presentava nulla di speciale. Eppure, da un po’ più di mezzo secolo, Nada aveva considerato se stessa (senza affatto goderne) un personaggio da romanzo. L’espressione, un po’ convenzionale, stavolta coglie nel segno. Il romanzo che Nada ha interpretato s’intitola La ragazza di Bube, un libro fra i più proverbiali della letteratura italiana del Novecento. Ne è autore Carlo Cassola (Einaudi, 1960). 
Come un soprano o una soubrette avanti con gli anni, Nada avrebbe potuto compiacersi, con se stessa e con gli altri, di pubblici riconoscimenti ottenuti in gioventù (il libro che la ricorda nel titolo vinse, nello stesso 1960, il premio Strega). La sua sorte, però, è stata diversa. 
Il romanzo di Cassola è noto per aver tratto spunto da un preciso fatto di cronaca. Bube, compagno e marito della ragazza, è esistito anche lui. Era un partigiano. Bube era il suo nomignolo di battaglia. Si chiamava in realtà  Renato Ciandri. Aveva militato nella Resistenza accanto a Sante, un fratello di Nada. Nel clima confuso dell’immediato dopoguerra, durante una lite fra un gruppo di partigiani e il parroco della Chiesa della Madonna del Sasso, vicino Firenze, spalleggiato da numerosi fedeli, un carabiniere spara a un partigiano uccidendolo. Subito dopo, la vendetta. Essa costò la vita a un maresciallo dei Carabinieri e a un suo figliolo che lo accompagnava. Ne fu incolpato Bube. Per una vita intera la sua ragazza ha contestato questa versione. Quando il supposto assassino fugge in Francia, lei continua a visitarlo, finché nel 1950 l’Interpol lo cattura ed “estrada” in Italia. 
Condannato a diciannove anni di carcere, Bube insiste nel dichiararsi innocente: a giustiziare il maresciallo e suo figlio – sostiene – è stata la folla presente fuori dalla chiesa. E la sua ragazza, e poi moglie, persisterà  nel condividerne la versione. Fecero epoca, tempo fa, le sue insistenti rimostranze rivolte a Cassola, come traditore della verità , quasi che il suo fidanzato, e poi marito, fosse davvero un omicida. 
La carriera di quel romanzo è stata comunque irresistibile. La figura di Nada, con il bel volto di Claudia Cardinale, animò un film firmato da Luigi Comencini. Un successo, sia su carta che sullo schermo. Meritato? 
È la domanda che rivolsi una quindicina di anni fa, per Repubblica, a Manlio Cancogni, che di Cassola era stato, a suo tempo, un inseparabile amico, come lo stesso Cancogni ha raccontato nel romanzo Azorin e Mirò (1948). «Non è tra i miei preferiti», fu la risposta. «Dopo il successo anche Carlo sembrò disaffezionarsi a quel libro. Poi gli ripiacque. È un’opera non priva di difetti. Ma forse le imperfezioni sono un coefficiente di ogni romanzo». In genere, aggiunse, la narrativa «nel suo corso deve trascinarsi dietro un po’ di zavorra». 
Per Nada Giorgi, quella eventuale zavorra, o imperfezione, ha racchiuso l’infelicità . Fino a ieri.

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