Se la vita nei boschi ci mette di fronte ai guasti del mondo

by Editore | 6 Maggio 2012 3:35

Loading

Arrivano la primavera e l’estate, si animano anche i luoghi sperduti, le località  alpine o appenniniche fuori dai circuiti turistici principali. Guardiamo le diverse tonalità  della terra, il modo in cui i colori assecondano l’altitudine che varia, l’alternanza dei fiori sbocciati, i profumi dell’erba di un verde inaspettato, gli animali al pascolo e i loro occhi liquidi e tranquilli, e più in alto cominciano le rocce, per un istante sembra che si possa davvero sopportare tutto lo splendore senza necessità  di evadere, siamo quasi in armonia con l’universo, tanto da pensare, e se vivessimo per sempre in questo luogo? Già , ora sembra facile, le giornate sono più lunghe, la luce sazia lo sguardo, il riarmo di una motosega si alterna al rumore del ruscello. E quando resta soltanto il ruscello? Ad agosto i primi iniziano a partire, altri li seguono a settembre, all’apertura delle scuole, e dopo fuggono i pensionati al principio dell’autunno. Vanno via quasi tutti, atterriti dall’eventualità  di intristirsi, rassicurati dalle opportunità  – vere o spesso presunte – del vivere quotidiano altrove, magari nella grande città , che salva dalle foglie morte. Eppure c’è chi resiste. Una che rimane al nostro posto – ed è impossibile non volerle bene anche per questo – è Janina Duszejko, la protagonista del romanzo di Olga Tokarczuk, Guida il tuo carro sulle ossa dei morti (nottetempo, traduzione di Silvano De Fanti, pagg. 350, euro 16,50). 
Janina è una donna anziana ma ha una tale vitalità  da rendere inutile qualsiasi classificazione anagrafica. Ex ingegnere, si è ritirata a Lufcug, una piccola frazione di montagna al confine tra Polonia e Repubblica Ceca. Qui si dedica all’astrologia e riceve le visite settimanali di un traduttore di William Blake. Da Lufcug scende con la sua vecchia auto verso il paese, dove insegna «l’inglese, i lavori manuali e la geografia» a una classe di bambini nei primi anni delle elementari. L’inverno nella piccola frazione – abitata da sole tre persone – dura da ottobre ad aprile e tutto sembra svolgersi secondo i ritmi delle stagioni. Ma quando muore Piede Grande, uno dei vicini di casa di Janina, qualcosa si rivela. La morte dell’uomo è solo il primo di una serie di cadaveri disseminati nel paesaggio sempre più cupo e ostile. Un gruppo di bracconieri domina la zona. Cervi, cinghiali, i due cani di Janina vengono uccisi ma, improvvisamente, tra un agguato di caccia e l’altro, iniziano a morire i bracconieri. 
Olga Tokarczuk usa i generi per condurci in un romanzo dove il giallo è solo un pretesto. La scrittrice polacca narra l’impossibilità  dell’uomo di vivere in armonia con il mondo, anche in un piccolo angolo del pianeta che avrebbe tutto per essere un luogo di serenità . Per i personaggi del libro gli animali sono il lato ludico tra un traffico criminale e l’altro, il passatempo a cui sparare per combattere la noia appellandosi alla tradizione, come ripete il cinico cappellano, ben ribattezzato Padre Fruscio. I personaggi non riescono a considerare gli animali come altre creature, sebbene essi condividano assieme a noi il fatto di essere sullo stesso pianeta, in questo breve lasso di tempo. 
Nella nostra epoca il rapporto con gli animali oscilla tra eccesso antropocentrico – una deriva alla Disney o un nuovo cappottino per cani – e la spietatezza riservata loro, fino a farne oggetti da smontare per motivi alimentari o industriali. A volte, un incongruo compromesso tra i due estremi è raggiunto nell’assegnare a un oggetto – auto o moto che sia – il nome di un animale. La via più convincente sarebbe quella di lasciare agli animali la diversità , e rispettarli. Quando preparavo il presepe da bambino mi emozionavo mentre prendevo in mano le statuine del bue e dell’asinello quasi quanto con la statuina di Gesù. Pensavo sempre: ci sarà  un motivo se esistono anche le statuine del bue e dell’asinello. 
Janina è vista come una vecchia ingenua, alla sua età  non si è ancora rassegnata, conduce un’esistenza frugale e grazie a questo stile di vita sente gli animali più vicini, come possibili messaggeri del sacro. «A lei la sorte degli animali interessa più della sorte degli uomini», dice un personaggio alla donna. Lufcug è Polonia, ma come si sente dai dialoghi, c’è un clima molto italiano. «Alla gente bisognerebbe proibire di abitare così lontano», dice il postino che consegna una lettera a Janina. E aggiunge: «Ma che vantaggi avete a nascondervi dal mondo? Tanto vi acchiappa lo stesso». Janina non vuole fuggire dal mondo, anzi, resta proprio lì, dentro, dove noi non abbiamo il coraggio di rimanere, tra quelle casette che rivelano nei lunghi inverni la spietatezza del vivere, da lei vissuta al nostro posto. Olga Tokarczuk ricorda che c’è sempre, appena sotto la superficie idilliaca, un senso di minaccia. «La salute è una condizione incerta, e non promette nulla di buono». Forse il titolo, da un verso di William Blake, può non risultare accattivante. Dobbiamo, se non guidare, almeno transitare con un carro sulle ossa dei morti ma, fiduciosi nella letteratura, accomodiamoci senza timore.

Post Views: 196

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2012/05/se-la-vita-nei-boschi-ci-mette-di-fronte-ai-guasti-del-mondo/