SE JENNIFER EGAN TWITTA IL RACCONTO
Tra qualche giorno, chi si collega dalle 8 alle 9 di sera (fuso orario americano dell’est) alla pagina twitter del New Yorker, dipartimento di fiction, può fare un’esperienza abbastanza intensa di qualcosa che non ha ancora un nome, e perciò è territorio nuovo ed eccitante: a metà fra la radiocronaca, la chat d’autore e la lettura tradizionale. Jennifer Egan, autrice del più importante romanzo americano degli ultimi anni, Il tempo è un bastardo, e di altri quattro libri molto interessanti, pubblica un racconto via twitter, sillabando il testo in frammenti, al ritmo di uno al minuto. La prestigiosa rivista ha corredato l’uscita di un corposo apparato critico, con intervento della stessa Egan e numerosi commenti di lettori e utenti.
C’era di che essere scettici, visto che qualcosa di assai simile era stato già tentato due anni fa da Rick Moody sulla rivista letteraria digitale Electric Literature, e non c’era una gran differenza da un punto di vista del formato. Ma è giusto dichiarare che Black Box, questo il titolo scelto dalla scrittrice, funziona meglio. È un successo da un punto di vista testuale, stilistico, strutturale, editoriale, e di fruizione. Io mi sono collegato ieri notte e ho assistito al dispiegarsi di un oggetto inaudito: la declamazione scritta di una storia, che sembra al tempo stesso scritta apposta per il mezzo, una specie di presa diretta, di Pulsar romanzesco, e possedere le qualità stratificate e di lunga durata che appartengono al fare letterario. La scrittura della Egan accentua in Black Box il proprio carattere ultramodulare e salmodiante: frasi alla seconda persona singolare, rivolte a una 007 sotto copertura come ‘signorina’ a disposizione di un politico importante, quasi interamente istruzioni, come comportarsi per ottenere dalla propria vittima designata tutte le informazioni necessarie.
La materia narrativa in sé, una vicenda di purissimo spionaggio contemporaneo, si completa nella sapiente distillazione delle ‘cose da sapere’. Se l’architettura narrativa è anche un dosaggio di novità in progressivo accumulo, Black Box in versione twitter si presenta già dopo pochi capitoli come un riferimento per imparare come si somministrano le notizie intorno ai personaggi, ai luoghi, ai pensieri, ai vuoti, a ciò che non accade e allo strano complesso mistero che ammanta ciò che invece accade. Si può scorrere all’indietro, dall’ultimo tweet al primo, proprio come una cronologia di messaggi, e si capiranno molte cose su come organizzare i dati e trasformarli in poesia. Qualcuno poi dirà che l’esperimento è interessante ma ‘non sfrutta le potenzialità del mezzo’ (i commenti, l’autorialità diffusa, etc): la verità è che i media, per dare buoni frutti, non vanno sfruttati. “L’obiettivo è essere contemporaneamente irresistibile e invisibile”, recita una delle stringhe di testo di Black Box: non conosco una definizione migliore della forza della rete, e della forza della prosa.
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