Quei Quaderni sull’Asfalto e Noi di fronte all’Indicibile Il futuro tolto a una sedicenne

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E tra le falde della confusione e della complessità , in coincidenza con gli allarmi che si cominciano a percepire, si cerca di approfittare; oppure, si costringe tutti noi ad avere paura di trame peggiori. Oltre ai danni irreversibili che ha creato, questo ordigno strano fa spavento, perché appare in un momento delicato, difficilissimo.
Il futuro, nel mondo dove viviamo noi, non lo puoi strappare via a nessuno. E se lo strappi via a una ragazza di sedici anni, non basta più nemmeno chiamarla efferatezza. Diventa l’indicibile, e fa una gran fatica scrivere dopo qualche ora dall’indicibile. Provare a comprendere ciò che non si può comprendere. Ciò che quelli di un altro mondo fanno finta di non sapere, e che invece la Storia ha insegnato, nonostante tutto, è che ogni gesto indicibile induce a un sentimento produttore di enormi quantitativi di umanità : si chiama dolore, e lo provano tutti in vari gradi, dai genitori e dagli amici di Melissa (e di Veronica in fin di vita, e di tutti gli altri feriti), per arrivare a noi che non sapevamo che esistesse questa ragazza fino a quando abbiamo scoperto che non c’era più. Si va da un dolore gigantesco perché specifico, a un dolore tenuto a bada perché generico. Ma questi due dolori sono legati — dall’empatia, dai quaderni e libri e zaini sull’asfalto, dalla solidarietà , dall’inaccettabile. E producono una enorme quantità  di dignità  umana che si oppone, che si è sempre opposta e si opporrà  sempre, al Male e all’indicibile.
Raccontare e comprendere è il compito che ci dobbiamo dare. Dalle pagine di un giornale alle coscienze di tutto il Paese. Raccontare perfino ciò che non si capisce. Perché la linea di resistenza — lo dice la Storia, a proposito degli anni terribili di mafia, a proposito degli anni terribili di terrorismo — sta in quel Paese che si commuove, si arrabbia, si compatta, e poi cerca di sapere. Sta in quel Paese che rispetta il lutto, che vuole conoscere la storia di Melissa Bassi e degli altri che avranno la vita deviata da quella frazione di secondo. Casomai questo Paese è silenzioso, scettico qualche volta, impaurito ancora più che moderato. Ma nonostante tutto, non cede all’irrazionalità , alla furia. Sa mantenersi saldo davanti ai continui ritorni delle mafie, che se sono forti sono spietate, e se sono deboli lo sono ancora di più. E si sforza di comprendere fino in fondo di cosa si sia trattato, per prendere le misure. Anche se vive nel timore di non saperlo mai, perché è già  accaduto troppe volte di non sapere.
Quel Paese c’è. Siamo noi. Noi ieri eravamo come parenti e amici di Melissa e dei ragazzi feriti. Oggi, invece, ci tocca già  un altro compito: cercare di capire cosa è successo davvero davanti a quella scuola, chi è stato, per lavorare con accanimento sugli anticorpi che l’intero Paese deve produrre contro qualsiasi intenzione ci sia dietro. E contro la paura, soprattutto.
Sappiamo essere tristi per quello che succede, sappiamo pilotare la nostra rabbia per non cedere. E sappiamo, in qualche modo, far muovere, bene o male, verso il futuro prossimo, quel pachiderma nevrotico che è l’Italia — anche se da quel futuro mancherà , senza che possiamo accettarlo, Melissa Bassi.


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