Quando le giovani coppie sognano il terzo figlio

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Il sogno: tre o più figli. La mediazione: averne almeno due. La realtà : la media italiana è ferma a 1,42 figli per donna. Le intenzioni però, sarebbero ben altre. Il nido che i ragazzi immaginano è piuttosto animato, nonostante la crisi e le legittime preoccupazioni, se ci fossero le condizioni molte giovani coppie vorrebbero mettere al mondo tre o più creature (e più realisticamente pensano di averne almeno due). È questo il desiderio di tre giovani su quattro. Lo rivela un’indagine dell’Istituto Toniolo su crisi, famiglia e giovani, un nuovo osservatorio su novemila persone fra i diciotto e i 29 anni che monitorerà  il gruppo per i prossimi cinque anni, così sapremo anche come è andata a finire, ricostruiremo come si sognano tre figli ma se ne fanno meno della metà : 1,42 dice l’Istat, e a questo risultato siamo arrivate grazie al contributo delle madri straniere perché da sole saremmo ferme all’1,33, la loro media è di 2,07 così abbiamo migliorato la performance complessiva.
Ormai assuefatti ai piccoli numeri della natalità , con un calo demografico ormai cronico — anche se siamo in lieve ripresa dopo il record negativo del ’95 — il risultato dell’indagine dovrebbe rincuorarci: questa la valutazione di Alessandro Rosina, docente di demografia e statistica sociale in Cattolica e curatore della ricerca. «Se questi giovani fossero aiutati a realizzare il loro desiderio il Paese potrebbe superare la denatalità  e fermare l’invecchiamento — spiega Rosina — . Questa progettualità  è un patrimonio di base da valorizzare. In altri Paesi europei, come Austria e Germania, la situazione è diversa: c’è una bassa fecondità  come da noi, ma lì c’è anche un riadattamento al ribasso delle intenzioni». 
La nostra invece sarebbe «una progettualità  al rialzo». Preziosa, da difendere. Qui il desiderio c’è. Anche se il sogno poi non si avvera. «Paesi del Nord Europa, Francia, Inghilterra e Stati Uniti fanno più figli di noi. Non soltanto l’Italia è a bassa fecondità  ma la crisi è persistente, i livelli sono bassi da tempo e fanno fatica a riemergere. Sono sempre più numerose le coppie che si fermano al figlio unico».
La famiglia resiste, ma in formato ridotto. Eppure ci sarebbero le migliori intenzioni per il 40 per cento degli intervistati, secondo l’indagine realizzata con Fondazione Cariplo e Università  Cattolica (dati Ipsos raccolti su un «sottocampione» di 2.400 interviste). «Per fortuna almeno a livello di progettualità  c’è questo desiderio — dice Francesca Zajczyk, sociologa all’Università  degli studi di Milano Bicocca —. È un dato molto importante, considerate le difficoltà  oggettive, il lavoro precario, i tanti trentenni con stipendi da mille euro al mese, i servizi insufficienti. Ma attenzione anche alla frustrazione di questi giovani che vorrebbero più di un figlio e non possono realizzare questo desiderio di famiglia, né quello del lavoro». C’è il tema urgente delle politiche per la famiglia, di tempi flessibili, congedi parentali, asili nido e scuola dell’infanzia. Nel rapporto del Global Gender Gap sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro siamo scesi al gradino 74 su 134. E il rapporto Ocse denuncia le difficoltà  delle donne italiane sulla conciliazione. «La mancanza dei servizi viene pagata da loro, troppo spesso ancora costrette a scegliere fra lavoro e figli», sottolinea Zajczyk. «Questo desiderio di famiglia, anche numerosa, oggi più che mai andrebbe sostenuto».
Nella ricerca del Toniolo ci sarebbe un altro dato positivo. È la fiducia che i giovani dicono di avere nei confronti della vita nonostante le difficoltà  e la congiuntura economica negativa: «L’82% degli intervistati afferma di aver ottenuto dalla famiglia la capacità  di guardare con tranquillità  al futuro. La famiglia è supporto emotivo ed economico per otto ragazzi su dieci. Ma è anche “rifugio dal mondo” per la maggior parte dei giovani. Il rischio allora è che sia iperprotettiva e diventi una gabbia dorata», dice Rosina. «Sappiamo che i ragazzi sognano famiglie numerose, anche se sono costretti a rinunciare, perché iniziano tardi a fare figli, perché non ci sono le condizioni. Ma non è una scelta. È una conseguenza, di ostacoli che vanno rimossi».


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 Roma – “Nel triennio 2008-2011 la cooperazione allo sviluppo gestita dal ministero degli Affari Esteri ha registrato un taglio del 78%, raggiungendo il minimo storico di 158 milioni di euro alla fine del primo semestre 2011. Per effetto dei tagli del giugno 2011, il bilancio della cooperazione del ministero Affari Esteri potrebbe contrarsi per altri 100 milioni di euro nei prossimi tre anni”. Questa la denuncia del Rapporto di ActionAid “L’Italia e la lotta alla poverta’ nel mondo”, dal titolo “Fuori classe” presentato a Roma.

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