Quando i capi della cristianità  non viaggiavano

by Editore | 20 Maggio 2012 9:35

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Un così lungo periodo di “autoreclusione” contrasta con la straordinaria mobilità  di Giovanni Paolo II (1978-2005) che visitò 128 paesi, senza contare le visite alle parrocchie romane. Paolo VI (1963-1978) era stato il primo a varcare i confini del Vaticano, per recarsi in Terra Santa, India, New York (Nazioni Unite), Uganda, Asia Orientale e Australia. E anche l’attuale pontefice è un grande viaggiatore! Insomma, in poco più di un secolo il papato ha svolto la sua alta funzione con lunghi periodi di autoreclusione ma anche con una mobilità  quasi continua. Anche nel Medioevo e nel Rinascimento numerosissimi papi hanno dovuto intraprendere viaggi, ma per motivi essenzialmente politici. L’incontro storico di Stefano II con Pipino a Quierzy, in Francia (754), pose fine alla dominazione longobarda e diede vita al Patrimonio di S. Pietro. Alessandro III peregrinò per quindici anni, in Italia e in Francia, prima di essere riconosciuto papa legittimo dall’imperatore Barbarossa (1177). All’inizio del Duecento, Innocenzo III inaugura un’alternanza residenziale che sa già  di villeggiatura: estate fuori Roma, inverno a Roma. I romani chiamarono allora il Laterano “il palazzo d’inverno”. Nel Duecento i papi vissero sessant’anni fuori dalla capitale. Sei papi non vi entrarono nemmeno. Nel 1530 Clemente VII incorona a Bologna Carlo V imperatore. Frequente fu la mobilità  “forzata”. Gregorio VII morì a Salerno dove si era rifugiato (1085). Anche Pio VI morì prigioniero, a Valence (1799), e Pio VII visse in residenza coatta a Fontainebleau (1812). Soltanto dall’inizio del Trecento in poi il papato conobbe una quasi ininterrotta fissità  residenziale. Dopo il lungo soggiorno ad Avignone (1308-1377) – che non fu “cattività ” – i papi decisero di risiedere in Vaticano, ossia non più al Laterano come nel millennio precedente. Ed anche come residenza estiva preferirono, dal tardo Cinquecento in poi, un palazzo romano, il Quirinale.

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