“Ora torno un francese tra i francesi la disfatta elettorale è colpa mia”

by Editore | 7 Maggio 2012 11:52

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PARIGI – «Siete la France éternelle. Vi amo». Nicolas Sarkozy lascia la ribalta politica in mezzo alle lacrime dei suoi, alle urla e agli applausi. E lo fa trovando finalmente quel tono giusto che gli ha fatto difetto durante i cinque anni di presidenza: fa tacere i militanti quando fischiano Hollande, si prende tutte le responsabilità  della sconfitta, annuncia di ridiventare «un francese come gli altri». È teso, emozionato, ma se ne va con eleganza.
Nella sala della Mutualité, dove sono riuniti i suoi sostenitori, il clima è ben poco allegro fin dal primo pomeriggio, quando i primi exit poll tolgono le ultime illusioni ai militanti. 
Sulla place de la Concorde, luogo di un’eventuale festa, le gru restano ferme. Certi della sconfitta, i sarkozysti tengono il colpo, ma pochi minuti prima delle otto riconoscono già  la sconfitta con un ritornello («Sarkozy c’est pas fini») che si proietta sul dopo-elezioni. 
Mentre cantano, Sarkozy è ancora all’Eliseo insieme ai leader del suo partito. Dà  le ultime consegne: chiede unità , precisa di non voler guidare la destra nella campagna alle politiche di giugno. Poi chiama Hollande per fargli i complimenti e lascia l’Eliseo, solo, senza nemmeno la moglie, per andare a riconoscere la sconfitta davanti ai suoi. Attraversando la capitale, inseguito da un nugolo di moto con cameramen e fotografi, Sarkozy mastica l’amaro di una sconfitta che ha tentato di scongiurare fino all’ultimo. Quando arriva alla Mutualité, i suoi lo rincuorano e Sarkozy, nel momento in cui sale per l’ultima volta alla ribalta, trova le parole giuste per l’addio.
Se i militanti non vogliono sentir citare Hollande, il presidente uscente ne riconosce la vittoria «democratica e repubblicana» e gli augura «buona fortuna in mezzo alle prove» che lo aspettano. Poi il ringraziamento ai suoi: «Non ho risparmiato le mie forze, ma non sono riuscito a convincere una maggioranza di francesi. Voglio ringraziarli dell’onore che mi hanno fatto di presiedere la Francia per cinque anni». Siamo lontani dallo stizzito «au revoir» di Valéry Giscard d’Estaing, l’unico presidente prima di lui a non essere stato rieletto.
Sarkozy si prende la responsabilità  della sconfitta: «Sono il presidente, ero il capo. Quando c’è una disfatta è il numero uno che deve assumersi tutte le responsabilità ». Poi il passo indietro dalla politica: «Dopo 35 anni di mandati politici, il mio impegno nella vita del Paese sarà  ormai diverso. Mi appresto a ridiventare un francese in mezzo ai francesi». Una formula sufficientemente vaga per non chiudersi tutte le porte. Un discorso “core in mano”, senza nessuna analisi politica. Ma Sarkozy sa che la linea tutta a destra adottata in campagna, e soprattutto dopo il primo turno, non ha pagato: nel 2007, era riuscito a conquistare gli elettori lepenisti, ieri solo il 56 per cento di loro si è schierato con lui. La chiave della sua sconfitta sta in questo dato.
Ascoltandolo ieri sera non si può fare a meno di tornare indietro di cinque anni, al 6 maggio 2007: il suo destino fu ipotecato nel giro di poche ore. Appena eletto, parlò ai suoi militanti. E pochi minuti dopo andò a fracassare la sua immagine al Fouquet’s, la brasserie di lusso sugli Champs-Elysées. Arrivato all’apice, cominciò a precipitare. Ebbro di gioia per aver conquistato l’Eliseo al primo tentativo, aveva immediatamente imboccato la discesa verso la polvere, da cui non si sarebbe più risollevato. In quelle prime ore di felicità , nei giorni successivi con la vacanza sullo yacht di Vincent Bolloré, nei mesi estivi e autunnali punteggiati dalle sue disavventure amorose e dal divorzio con Cécilia, seguito dal fin troppo spettacolarizzato incontro con Carla Bruni, Sarkozy si è giocato la fiducia dei francesi. Prima ancora dei suoi provvedimenti economici, che si possono approvare o disapprovare, è stato il suo stile a suscitare il disappunto del paese. Avrebbe dovuto sapere che i francesi amano una certa regalità  nel comportamento presidenziale: troppo sicuro di se stesso, pensava di poter imporre una nuova immagine.
Impulsivo, aggressivo, sprezzante, è diventato anche il primo presidente vittima di Internet, dei telefonini, dei fuorionda: le immagini che lo mostrano dire a un contestatore «togliti dai piedi, povero stron..» gli si sono appiccicate addosso. 
Il cambiamento degli ultimi due anni è arrivato troppo tardi, così come i mea culpa più volte ripetuti in campagna elettorale.
Sarkozy ha ripensato ieri a questi cinque anni. Eletto a 52 anni, aveva suscitato molte speranze e poi raggiunto livelli di impopolarità  mai toccati da nessuno dei suoi sei predecessori. A 57 anni deve reinventarsi una vita. Nei mesi scorsi aveva annunciato il suo ritiro dalla vita politica, magari per riabbracciare la carriera di avvocato. Ieri è rimasto nel vago.
Per qualche tempo si eclisserà , poi si vedrà : in politica, nessuno è mai definitivamente fuorigioco. E già  c’è chi pronostica che dopo un lungo periodo di assenza Sarkozy possa rispuntare nel 2017. Ma questa, per il momento, è solo fantapolitica.

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