“IL MIO FUMETTO PER GLI INDIGNATI”
La ormai celeberrima maschera degli indignados l’ha creata lui: David Lloyd, sessantaduenne inglese, che ha raggiunto la fama con V for Vendetta, il graphic novel creato insieme ad Alan Moore. Ma Lloyd ha fatto molto, prima e dopo Vendetta (che l’ha impegnato quasi per tutti gli anni Ottanta): ha creato per la Marvel il vigilante immortale Night Raven, ha disegnato storie di supereroi come Hulk e Doctor Who, ha disegnato fumetti horror (raccolti da Nicola Pesce Editore sotto il titolo Materia oscura) e nel 2005 si è proposto come autore completo con Kickback (Magic Press). Lloyd domani terrà una “Lezione di fumetto” all’Auditorium di Roma.
Mister Lloyd, cosa prova nel vedere gli indignados con la maschera che lei ha disegnato?
«Una grande emozione. È bello che il simbolo della protesta non ideologica contro l’oppressione (questo la maschera rappresenta) sia stato preso dal mondo della finzione e portato in quello reale».
Cosa ricorda della sua creazione?
«La creazione di V non fu dovuta a una grande ispirazione, ma lo fu l’idea di usare il volto di Guy Fawkes (il cospiratore inglese che nel 1605 organizzò, senza successo, di uccidere il re Giacomo I d’Inghilterra e tutti i membri del Parlamento inglese, ndr). L’idea venne tentando quasi disperatamente di trovare la motivazione e l’aspetto del personaggio. È stata una mia trovata ma allora non sapevo se avrebbe funzionato. Ora naturalmente ho più certezze!».
È piuttosto strano e nuovo che un elemento di un romanzo a fumetti diventi così popolare.
«Credo sia un fatto unico. Ovviamente questa ribellione non ha nulla a che fare con me. Io ho soltanto fornito uno strumento, e l’ho fatto casualmente. Spero peraltro che venga sempre usato in una situazione di protesta pacifica».
Art Spiegelman ha detto che gli indignados sono la cosa più giusta del nostro presente. È d’accordo?
«Sì. Siamo in una terribile situazione economica e sociale, in cui quelli che detengono il controllo delle nostre vite hanno libero sfogo nel fare le cose peggiori, peggiori di quelle che hanno già fatto. L’uomo comune sa di non aver alcun potere reale. Ma l’unione degli individui, la gente, dovrebbe sostenere gruppi come Occupy per creare la possibilità del cambiamento, e questo purtroppo non succede».
Com’è stata la collaborazione con Alan Moore?
«Facile. Eravamo sulla stessa lunghezza d’onda. Tutti e due volevamo raccontare lo stesso tipo di storia. È stato un bel periodo».
Le è piaciuto il film tratto dal romanzo a fumetti?
«Sì.E l’ho sostenuto. In un mondo ideale sarebbe stato meglio se il film fosse stato più simile all’originale. Ma considerando le necessità di una produzione hollywoodiana, posso dire che è una buona versione della storia. Il tema centrale era lo stesso del libro: la necessità per l’individuo di aggrapparsi a tutti i costi a se stesso. Diffonde il messaggio essenziale di V ed è diventato più popolare del libro, che poi in tante persone hanno letto dopo aver visto il film. Che è molto potente».
Perché ha deciso di realizzare una storia da solo?
«Perché volevo una completa libertà per esprimere me stesso. Io sono attualmente impegnato nella pubblicazione di una rivista di fumetti digitali e una delle cose che più attraggono i collaboratori è che io offro loro l’opportunità di fare quello che vogliono. La maggior parte degli artisti spera di avere la libertà di esprimersi».
Se in V for Vendetta è il potere a scatenare la violenza, in Kickback sembra andarla a cercare nelle insicurezze degli individui.
«Non ho una teoria per spiegare la violenza nell’uomo. Credo invece di poter individuare che cosa rende l’uomo tanto corrotto, o per meglio dire, facilmente corruttibile. Si tratta dell’autostima. Un uomo che ha scarsa considerazione di se stesso si può facilmente trasformare in un criminale. È l’autostima la barriera di che ci può proteggere».
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