by Editore | 24 Maggio 2012 8:07
IL CAIRO – Eccitati, ansiosi e talvolta anche un po’ smarriti, oltre cinquanta milioni di egiziani hanno iniziato a votare ieri per la prime elezioni presidenziali dopo la caduta di Hosni Mubarak. Alla scuola “Gamal Abdel Nasser”, nel quartiere di Dokki, ieri mattina molti elettori sono arrivati anche un’ora prima dell’apertura delle urne. Uomini e donne, come si conviene in un Paese islamico, sono allineati in due file differenti, sotto l’occhio vigile dei soldati armati.
Rania Mohammed, elegante signora in tailleur grigio e foulard sul capo, sembra esitare tra due candidati. «Deciderò nella cabina elettorale. Si può dire che sarà la penna a decidere». Una ragionamento che riflette perfettamente gli umori degli elettori egiziani dominati dall’incertezza. Sono dodici, dopo un ritiro dell’ultimo minuto, i candidati che si sfidano per la presidenza. Tra loro difficilmente qualcuno raggiungerà il 50 per cento dei voti e il rinvio al ballottaggio del 16 e 17 giugno sembra inevitabile. La vittoria di un candidato islamico a queste presidenziali chiuderebbe un cerchio. La Fratellanza che già insieme ai salafiti domina il Parlamento eletto a novembre, sostiene che la religione avrà un peso relativo nel futuro Egitto, che nessuno costringerà le donne a indossare il velo, né verranno applicate le punizioni della legge islamica, come le amputazioni. Si pensa a una versione più moderata della Sharia, che però sostengono a ragione, liberali, moderati e laici, limiterà gravemente molti diritti, soprattutto delle donne, che non a caso ieri hanno votato in massa.
I due principali sfidanti islamisti sono Mohammed Morsi, dei Fratelli musulmani, e Abdel-Moneim Abol Fotoh, moderato che ha ottenuto anche il sostegno di parte di liberali, cristiani e intellettuali di sinistra. I candidati islamici sperano di bissare la quota di voti raggiunta nelle parlamentari di novembre, ma registrano un evidente calo; specie dopo che una delle tv pubbliche ha iniziato a trasmettere in diretta tutte le sedute del Parlamento – una novità assoluta per l’Egitto – mostrando a milioni di egiziani l’inanità del dibattito e l’assurdità delle proposte di legge di buona parte dei deputati islamici. I due candidati laici con speranza di arrivare al ballottaggio sono l’ex premier Ahmed Shafik e l’ex capo della Lega Araba Amr Moussa, entrambi veterani del regime Mubarak, per questo i loro oppositori temono che faranno poco per cambiare status quo. Soprattutto Moussa ha raccolto dietro di sé un fronte ampio di consensi, compresi alcuni religiosi moderati; conosce la macchina dello Stato, ha esperienza internazionale, gode di buona fama nel mondo arabo e in Occidente. I militari, i veri arbitri del futuro Egitto, ufficialmente non sostengono nessun candidato ma è innegabile che il prossimo 1 luglio – come promesso dai generali della Giunta – vorrebbero passare i poteri a un presidente non islamista.
All’interno della scuola “Nasser”, dove le pareti sono coperte di manifesti sbiaditi e cartine geografiche ingiallite, un giudice controlla come in tutti i seggi nel Paese lo svolgimento delle operazioni di voto, uno scrutatore allunga schede agli elettori in cambio della carta d’identità . Dietro una cabina elettorale, gli elettori fanno la loro scelta e poi bagnano il dito con inchiostro indelebile (prova della partecipazione al voto) e recuperano il documento. Youssra Amin, 22 anni, è una rappresentante di lista per il candidato dei Fratelli musulmani Mohammed Morsi. Tiene conto degli elettori che sono venuti a votare in questo seggio, dove sono registrati più di 4.000 cairoti. Indossa il velo e suoi occhi, evidenziati dall’eyeliner turchese, scintillano d’entusiasmo. «Non riesco a immaginare che stia succedendo davvero. Stiamo votando per eleggere il nostro primo vero presidente, solo molto felice».
Nella scuola “Chayma”, nel quartiere operaio Sayeda Zeinab, le code sono più lunghe, gli elettori perdono la pazienza con l’aumentare della temperatura. Alla fine della giornata elettorale, che si è svolta nella massima calma, si registreranno in tutto l’Egitto solo 13 feriti per la ressa e per il caldo. Ahmed Gassan, architetto, sorride sulla porta del seggio mostrando il dito macchiato di inchiostro blu: «E’ stato perfetto, è così bello sentire che si può decidere qualcosa». Anche qui il giudice segue con attenzione il via vai dei votanti. Si avvicina un elettore piuttosto anziano, curvato dagli anni e da una vita di stenti. Sembra un po’ smarrito. «Posso scegliere più di un nome?», chiede al magistrato. Lui bonario replica sorridendo: «Dipende. Cosa vuole un presidente oppure due?».
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