“Faremo mentire i sondaggi” l’ultima sfida della destra
TOLONE – Delusione e rassegnazione sono due parole che non esistono nel vocabolario dei sarkozysti. Sono 6-7 mila, arrivati da tutta la Costa azzurra per l’ultimo grande comizio del presidente-candidato. Sono scatenati, pronti a urlare, fischiare, gridare, applaudire, osannare. Non sono più giovanissimi, in stragrande maggioranza sono pensionati. Ma sono il nocciolo duro della destra, quelli che non tradiscono mai: «La République è de Gaulle e oggi Sarkozy», dice una signora arrivata da Cannes. Tutti sono nostalgici del generale, anche chi non l’ha conosciuto: la destra qui domina il paesaggio politico di padre in figlio.
Malgrado abbia perso molti consensi rispetto al 2007, Nicolas Sarkozy è arrivato nettamente in testa al primo turno nel dipartimento del Var, di cui Tolone è il capoluogo. Dieci punti in più di Marine Le Pen, mentre Hollande si è dovuto accontentare del terzo posto con meno del 20 per cento dei suffragi. Qui l’estrema destra spopola quando quella moderata delude: Tolone è una delle tre sole città francesi, e la più importante, ad aver avuto per sei anni (1995-2001) un sindaco del Fronte nazionale. Da queste parti, la linea a destra tutta non scandalizza, l’immigrazione è stigmatizzata: «A Marsiglia sono tutti arabi ormai», si sente dire da una vecchia signora senza peli sulla lingua.
E guai a parlare di sondaggi. Il messaggio di Sarkozy è passato: «Tutti i media sono contro di lui, faremo mentire i sondaggi». E’ il ritornello che ripetono tutti. I giornalisti, del resto, sono trattati con gentilezza, ma con una certa diffidenza: siamo considerati esponenti di quella élite stigmatizzata in tutti i comizi dal presidente-candidato. Nel loro cuore c’è Bernadette Chirac, accolta come una star. E c’è quella lealtà mediterranea che, pur condita con qualche bugia, non si smentisce mai.
Qui basta parlare della Francia, esaltarne la lingua e i gli scrittori, come Sarkozy non si stanca di fare da un mese a questa parte, per scatenare l’entusiasmo. Quando si chiede del duello di giovedì sera, nessuno è rimasto deluso dal proprio campione: «E’ stato bravissimo», dice un ex commerciante. I sondaggi dicono che il giudizio del paese è più sfumato, ma niente, almeno in apparenza, può far dubitare i fan del presidente. Il quale li ripaga esaltando la République e la Nazione, i doveri da rispettare, l’autorità come concetto indissociabile dalla libertà , le frontiere come protezione.
Nella folla ci sono molti figli e nipoti di italiani e spagnoli, non i figli degli immigrati nordafricani. C’è la Francia smarrita di fronte alla mondializzazione e alla fine del modello sociale nato nel 1945. Una Francia che vede come il fumo negli occhi l’idea di Hollande di far votare gli extra-comunitari alle elezioni comunali: «Ci mancherebbe solo questo», esclama un ragazzo di Tolone. Sarkozy insiste sui temi che vogliono sentir ripetere: il lavoro, la fatica, la responsabilità . Fa il proprio autoritratto facendo in negativo il ritratto di un presidente socialista imbelle e incapace di governare: «Né sogni, né proposte».
Retorica e talento oratorio non gli mancano. Come giovedì sera in tv, non riprende i temi dell’estrema destra, ma si presenta invece come il difensore dei valori repubblicani. E in sala c’è chi ha le lacrime agli occhi quando ricorda i «pieds noirs», i francesi rientrati in patria dopo l’indipendenza algerina e che si sono in gran parte radicati da queste parti. E’ a tratti trascinante, i suoi fan lo interrompono, caricatissimi. I sondaggi lo danno sconfitto, anche se il distacco da Hollande si assottiglia, ma Sarkozy sembra ancora credere alla possibilità di una vittoria. E’ la sua forza: avrà almeno combattuto fino all’ultimo, come un soldato che cade sul campo di battaglia.
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