“Addio crescita in Eurolandia ci vorranno anni per ripartire anche se Berlino allenta la stretta”

by Editore | 15 Maggio 2012 7:00

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ROMA – «Esiste un collegamento diretto fra il fatto che nelle stesse ore in cui Angela Merkel incassava la più pesante sconfitta elettorale dei suoi anni di governo, si diffondeva presso lo stesso esecutivo tedesco l’idea che è possibile che la Grecia sia a fine corsa». Nouriel Roubini è convinto che il momento sia di svolta in Europa: quello che teme è che la situazione si sia talmente avvitata che in nessun caso sia possibile rilanciare decisamente la crescita nel breve termine. Serviranno ancora moltissimi anni perché lo sviluppo europeo riparta. E anche le notizie che arrivano dall’America lo contrariano, anche se per ora non ribassa la sua previsione di un Pil Usa al +2% nel 2012: «È incredibile quello che è successo l’altra sera, e cioè che Jamie Dimon, presidente della JP Morgan, si è permesso di insultare pubblicamente, durante una cena, nientemeno che Paul Volcker nonché il presidente della Fed del Texas, Richard Fisher». Poco prima della nostra telefonata, Roubini aveva postato il seguente tweet: “La balena JP Morgan si unisce al calamaro vampiro Goldman Sachs nell’immensità  delle acque profonde dove affondano i mostri finanziari”.
Insomma non dobbiamo stupirci del lunedì nero sui mercati in ogni continente. Restiamo però in Europa, dove lei conferma che ci sono le incertezze maggiori: l’ipotesi di escludere la Grecia serpeggia anche in Germania, ma la Merkel ieri a Berlino ha ripetuto ancora una volta di escludere tale ipotesi. Che cosa dobbiamo aspettarci?
«Considerate che il risultato elettorale in Germania è stato almeno in parte provocato da fattori regionali e dalla popolarità  di alcuni leader locali. Non parlerei insomma di rivolta generalizzata dell’elettorato tedesco contro la Merkel e contro la sua politica europea. Ma sta di fatto che perfino in Germania comincia a serpeggiare una certa austerity fatigue, cioè lo stress provocato dall’andare avanti con tanta ostinazione sulla via del rigore ad ogni costo. Non tutti sono più convinti, insomma, e aumenta anche il numero di quanti sono sottoposti, sempre in Germania, alla bailout fatigue, cioè all’improbo compito di elaborare le strategie di salvataggio per la Grecia e gli altri in difficoltà . Per questo sempre più politici hanno cominciato a considerare l’uscita della Grecia dall’eurozona come preferibile ad un continuo rifinanziamento di Atene, meno stressante insomma».
Però l’uscita avrà  dei costi notevoli anche per Berlino…
«Certo, ma assai inferiori a quelli che pagherebbero i Paesi più deboli, compreso sfortunatamente il vostro. Comunque, vediamo: la Merkel ha ribadito ieri di essere eurofila, tutto è capire cosa significa l’eurofilia per i tedeschi. I quali, parlo dell’elettorato, sono sempre meno disposti ad equipararla con un rigore generalizzato. Per questo l’opposizione cresce. Facciamo l’ipotesi che le elezioni politiche dell’anno prossimo portino in Germania a una “Grande coalizione” fra Spd e Cdu. Oppure ad una coalizione rosso-verde fra la stessa Spd e il partito di Daniel Cohn- Bendit. In ogni caso l’Spd condurrebbe i giochi. Va tenuto presente che l’Spd è perfino più eurofila della Cdu, la differenza è però che interpreta diversamente il bilanciamento fra moral hazard e solidarietà ».
Tutta questa eurofilia per la Grecia, e per l’Italia, cosa significa?
«Per Atene, che deve negoziare daccapo tutta la sua posizione, e deve farlo senza perdere un momento. Non tutto è perduto. Oggi probabilmente si saprà  se ci saranno nuove elezioni. Se vincerà  Syzira (il partito della sinistra radicale di Alexis Tsipras favorevole all’euro ma contrario all’austerità , arrivato secondo il 6 maggio e favorito nei sondaggi se si rivota, ndr), per la Merkel si aprirà  l’opportunità  di dimostrare la sua eurofilia illuminata: la Germania e la Troika riapriranno il negoziato e cercheranno una serie di compromessi per riaprire gli aiuti ed evitare sia l’uscita disordinata che il fallimento. Tutto questo come dicevamo nella consapevolezza che da un’uscita dall’euro hanno da perdere la Grecia stessa, la periferia dell’Europa e anche il centro. Se viceversa vinceranno forze contrarie, non ci sarà  niente da fare e allora sì che ci sarà  da preoccuparsi per l’effetto-contagio. In ogni caso l’importante è agire in fretta perché il quadro si chiarisca».
Oggi è anche il giorno del tanto atteso incontro Merkel-Hollande. Il fantasma della Spd dominerà  anche lì?
«Be’, penso che un po’ se ne parlerà . Lo scenario probabile secondo me è il seguente. Francia e Germania raggiungeranno un accordo per cui il Fiscal compact viene approvato per motivi di opportunità  politica, affiancato però da un Growth compact. Ho però i miei dubbi che le misure inserite in questo secondo trattato, vista la durezza del primo, siano efficaci e capaci di ristabilire una robusta crescita nell’eurozona. Sì, verranno dati un po’ di fondi alla Banca europea degli Investimenti, un’istituzione che peraltro esiste dal 1958 senza che nessuno se ne sia mai accorto, forse verrà  consentito qualche ritardo nel pareggio dei bilanci, ma non ci saremo ancora. E neanche aiuterà  molto il fatto che, come ora si dice, la Germania accetterà  un ribasso dei tassi della Bce allo 0,75%. Lei mi chiederà : ma allora? E io le rispondo: sono tutte misure troppo scarse che arrivano per di più troppo tardi».

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