Povera Italia, tra morti di tasse e di lavoro

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Alla fine resta un mazzo di fiori sull’asfalto annerito, lì dove Giuseppe Campaniello il 28 marzo si diede fuoco nella sua auto parcheggiata davanti a un’ex sede dell’Agenzia delle entrate di Bologna dove si trova anche la sede della Commissione tributaria regionale, il tribunale delle tasse. 
La marcia delle vedove della crisi ieri ha raccolto alcune decine di persone e un’altra vedova oltre a Tiziana Marrone, la moglie di Campaniello che ha voluto questa manifestazione sospesa tra mediaticità  e i problemi veri che stanno portando molte persone alla disperazione. Bandiere bianche sono state date a chi ha partecipato all’iniziativa aperta dallo striscione con la foto e il nome dell’artigiano suicida. 
Campaniello era un uomo schiacciato dai debiti e da un contenzioso tributario che era arrivato a 200 mila euro. Alla moglie ha lasciato una lettera di scuse, un’altra l’ha scritta proprio alla Commissione tributaria dicendo che lui le tasse le aveva sempre pagate perché dall’accertamento che aveva fatto nascere il contenzioso era anche scaturito un processo penale per false fatture; proprio la mattina del suicidio, in tribunale avveniva il patteggiamento per la sua vicenda. Tiziana è una donna determinata ed energica che durante il corteo continuava a ripetere: «Abbiamo bisogno del governo ma il governo deve tutelare i cittadini, non li deve aggredire con le tasse». Accanto a lei Elisabetta Bianchi, figlia di un artigiano del bolognese, che si è sentita coinvolta dalla vicenda di Campaniello e ha contattato la moglie. Dal loro incontro è nata la marcia di ieri. Attorno, oltre ad una selva di telecamere, fotografi e taccuini che restituivano più l’immagine di un set che di una manifestazione c’erano storie di debiti e di rateizzazioni infinite e tanta rabbia verso le tasse e la politica.
E allora più che la marcia delle vedove della crisi quello che è accaduto ieri a Bologna ha rappresentato uno spaccato altamente simbolico di una parte dell’Italia di oggi. 
I problemi invece non sono simbolici ma urgentemente veri. E il dolore di chi sta piangendo un familiare è palpabile. 
La signora Lucilla ha perso il marito nel febbraio 2011. Non era un imprenditore ma un operaio che non riusciva ad ottenere un lavoro che gli permettesse di convivere con la sua disabilità  al braccio. La catena di montaggio era diventata troppo pesante per il signor Gabriele che aveva chiesto di essere collocato in altra mansione. Lucilla mostra la lettera che le ha scritto il marito, dove spiega il motivo del suo gesto. E lo fa quasi per dire che il suo Gabriele non era un «pazzo» ma sentiva di aver perso la dignità  umana. Si è tatuata il volto del marito sul braccio e non ha paura di mostrare il suo dolore. «Forse le altre vedove non sono venute per pudore – dice Tiziana Marrone – ma noi non ci fermeremo qui».
C’è molta rabbia verso quello che viene definito un «sistema», vale a dire quello di Equitalia. Lo dice anche la signora Marrone durante il corteo: «Non è possibile che una cartella di Equitalia se non si ha la possibilità  di pagare arrivi ad una cifra astronomica. Mi viene il sospetto che questo sia fatto per sfilare da sotto il naso quello che le persone costruiscono in tanti anni di sacrifici». Ma la rabbia verso le tasse assume anche i contorni di un battibecco molto pesante che coinvolge una donna che aveva criticato la maglia indossata da un imprenditore arrivato alla marcia dove c’era scritto «le tasse sono un furto». La signora ha difeso le tasse e le è stato detto che non era quello il momento di parlare delle imposte, qualcuno l’ha addirittura invitata ad andare via. L’evasione in questo contesto viene vissuta come autodifesa dal cosiddetto sistema: «Le tasse vanno pagate ma non si può portare all’esasperazione la gente, perché i politici non si tagliano le auto blu. Le tasse non si possono pagare in queste condizioni» urlava un uomo. Contro le tasse e contro i politici. «I politici si sono blindati nei loro privilegi» dice Tiziano Pilastrini, esodato dell’Enel arrivato da Ferrara con una manciata di colleghi. E quando gli chiediamo se pensa di andare ancora a votare ci pensa un po’ e poi risponde che non ha ancora deciso perché «non c’è più destra, sinistra e centro».


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