Perché i calciatori preferiscono le bande

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scommesse si possono già  trarre alcune sgradevoli certezze. La prima è che molti, moltissimi calciatori frequentano gente oggettivamente impresentabile. Intermediari, trafficanti internazionali di droga, ex galeotti, capi-ultrà  di professione. Inavvicinabili per giornalisti e tifosi normali, gli eroi (?) delle pagine sportive aprono generosamente le porte della loro intimità  e della loro amicizia ai protagonisti delle pagine di cronaca nera senza avvertire il minimo rischio di contaminarsi.
Che la malavita si addensi intorno al denaro e al business non può certo sorprendere, né sorprende che la criminalità  organizzata cerchi nel calcio una qualche forma di gratificazione, quando non addirittura di prestigio sociale (si ricordino le frequentazioni di Maradona con la Camorra). 
Sorprende invece che a trent’anni dal primo calcioscommesse i calciatori si fidino più dei ruffiani che dei giornalisti, che diano più confidenza ai leader curvaioli che ai tifosi dei distinti, che continuino, in buona sostanza, a frequentare la stessa fauna fetida di allora. Le immagini che immortalano l’incontro di Criscito e Sculli con ultrà  genoani e personaggi del sottobosco criminale sarebbero preoccupanti e imbarazzanti anche se non ci fosse nulla dietro, perché testimoniano della vulnerabilità  intellettuale dei calciatori, della loro cedevolezza morale, della subalternità  rispetto al settore più deviato e deviante del tifo, come l’episodio delle maglie fatte ritirare dagli ultrà  ai giocatori del Genoa (protagonista, non a caso, sempre Sculli e gli stessi capi della curva) ha ampiamente dimostrato. 
La seconda certezza è che la liberalizzazione delle scommesse, il proliferare di punti Snai, l’enorme offerta di siti per il gioco online non hanno minimamente risolto il problema delle partite truccate, ma lo hanno semmai inserito in un circuito molto più grande e potenzialmente incontrollabile. Né giova l’obbrobrio morale, scandalosamente avallato dalle istituzioni sportive nazionali e internazionali, che sia consentita la sponsorizzazione di club professionistici (Real Madrid, Milan, Juve…) e degli stessi campionati da parte di multinazionali di scommesse tipo BetClic o BWin. Difficile immaginare un conflitto di interessi più gigantesco ed esemplare, eppure tutti tacciono.
L’ultima certezza è che ha ragione Buffon quando, parlando dei pareggi non belligeranti di fine campionato, sostiene che due feriti sono meglio di un cadavere. In effetti per un pavido 0-0 non è mai morto nessuno. Tranne, ovviamente, la credibilità .


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(La Repubblica, MERCOLEDÌ, 28 GIUGNO 2006, Pagina 7 – Economia)

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