Per gli statali resta l’articolo 18

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La riforma dei licenziamenti «made in Fornero» non si applicherà  al pubblico impiego. Si evince dall’intesa dell’altroieri sera del ministro Filippo Patroni Griffi con i sindacati, e vengono così smentite alcune voci circolate ieri e riportate anche dal nostro giornale. I punti fondamentali sono quelli «l» e «m»: «l) riordinare la disciplina dei licenziamenti per motivi disciplinari fermo restando le competenze attribuite alla contrattazione collettiva nazionale; m) rafforzare i doveri disciplinari dei dipendenti prevedendo al contempo garanzie di stabilità  in caso di licenziamento illegittimo». Il primo punto, spiegano Nicola Nicolosi (Cgil nazionale) e i segretari di Funzione pubblica e Flc (scuola e ricerca) Rossana Dettori e Domenico Pantaleo, stabilisce che se restano motivo di licenziamento giustificato tutte le gravi ragioni stabilite dalla legge (dal peculato al furto), dall’altro lato però si passerà  nei contratti a stabilire tutte le tipizzazioni di minor gravità , che non daranno luogo al licenziamento, ma a una sanzione. Il secondo punto, sottolineano i sindacalisti Cgil, «dice chiaramente che in caso di licenziamento illegittimo si garantisce il posto di lavoro, quindi non si parla mai di indennizzo economico, e dunque la riforma Fornero applicata nel privato qui non ha luogo e non c’entra niente». Un altro punto sottolineato come «passo avanti» dal sindacato rispetto alla precedente legge Brunetta è il ritorno alla centralità  del contratto nazionale per regolare le parti normative e quelle economiche; inoltre, la produttività  torna anch’essa alla contrattazione, mentre Brunetta aveva inserito dei meccanismi di premialità  ad personam completamente nelle mani dei dirigenti; ancora, le Rsu ritornano a essere titolari della contrattazione. Altri due punti che i sindacati sottolineano come avanzati, quelli sulla precarietà : l’accordo prevede che si deve «a) confermare il principio dell’articolo 36 del decreto legislativo 165 del 2001, che il lavoro subordinato a tempo indeterminato è la forma ordinaria per far fronte ai fabbisogni ordinari delle pubbliche amministrazioni; b) individuare e disciplinare le tipologie di lavoro flessibile utilizzabili nel settore pubblico per esigenze temporanee o eccezionali, in relazione alle diverse causali, con riferimento anche alle procedure di reclutamento e ai limiti di durata». In controtendenza con il ddl Fornero per il privato, dunque, le causali non vengono eliminate. C’è inoltre l’impegno ad aprire un tavolo sulle stabilizzazioni entro il 30 maggio. Infine, i rinnovi contrattuali, ormai congelati da anni: in un punto del documento si parla di «stagione contrattuale», anche se non ci sono soldi in cassa e questa in effetti non è in agenda. Ma la Cgil ritiene il riferimento già  di per sè significativo e un punto da cui ripartire per rivendicare i rinnovi.


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