Parma a Grillo. Battuto il centrodestra

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ROMA — Il primo dato significativo dei ballottaggi è il crollo dell’affluenza. Nelle regioni a statuto ordinario ha votato il 51,38% contro il 65,36 del primo turno. Il decremento, quindi, è stato del 13,98. Cinque anni fa era stata del 73,74. All’incirca un cittadino su due ha preferito disertare le urne. Da sempre, nel secondo turno c’è una flessione dei votanti, ma ciò che colpisce è l’ampiezza del fenomeno, tenuto conto che i Comuni sono considerati le istituzioni rappresentative più vicine ai cittadini. Quello di ieri è stato un segnale inequivocabile rivolto dai cittadini ai partiti, percepiti ormai come distanti dai problemi concreti. 
Il secondo dato che emerge dallo spoglio è che la geografia politica delle amministrazioni i cui consigli sono stati rinnovati è cambiata. Nei 26 Comuni capoluogo, in 15 prevalgono i sindaci di centrosinistra e Idv, il centrodestra ne conquista 6. Cinque anni fa il rapporto di forze era totalmente diverso: allora prevalsero 17 a 9 i rappresentanti del centrodestra. Cambiano di segno politico (dal centrodestra al centrosinistra) i municipi di Alessandria, Asti, Monza, Como, Lucca, Rieti, Isernia, e Brindisi). Restano a sinistra le amministrazioni di Genova, l’Aquila, La Spezia, Carrara, Pistoia, Piacenza e Taranto. Il centrodestra prevale sul centrosinistra a Frosinone e conferma i sindaci di Catanzaro, Gorizia, Lecce, Trani e Trapani. L’Udc conquista Agrigento e strappa Cuneo al centrosinistra. L’Italia dei valori si insedia a Palermo. Lo spoglio conferma le previsioni della vigilia: vince Marco Doria a Genova, Leoluca Orlando Cascio a Palermo e Massimo Cialente a L’Aquila, mentre a sorpresa il grillino Federico Pizzarotti si insedia a Parma. 
Il terzo elemento di riflessione riguarda la Lega Nord. I candidati del Carroccio escono sconfitti in tutti e sette i ballottaggi nei quali hanno partecipato. 
La quarta osservazione, sulla quale tutti i partiti già  cominciano a riflettere, si riferisce all’affermazione dei grillini che, dopo avere conquistato al primo turno il Comune di Sarego nel Vicentino, si affermano a Parma (rimontando uno svantaggio di venti punti percentuali), a Mira e a Comacchio. Ed ecco perché Beppe Grillo, rivolgendosi ai suoi, rivendica l’impresa: «Siete stati grandi tutti, abbiamo conquistato Stalingrado, parlo di Parma, e ora siamo sulla strada di Berlino».
C’è, insomma, grande materia di riflessione per le forze politiche. Ma come reagiscono? Pier Luigi Bersani, leader del Pd, gongola. Angelino Alfano, che guida il Pdl, ammette implicitamente la sconfitta e annuncia novità . Lorenzo Cesa (Udc) mette in guardia dal populismo. Roberto Maroni (Lega Nord) prende atto della débacle. Nichi Vendola (Sel) è convinto che inizi il dopo Monti e Antonio Di Pietro (Idv) rilancia la foto di Vasto.
Bersani puntualizza che «senza se e senza ma abbiamo vinto noi. Capisco il simpatico tentativo di rubarci la vittoria ma non sarà  consentito». Ricorda, inoltre, che «su 177 comuni sopra ai 15 mila abitanti 92 li vince il centrosinistra, l’altra volta erano 45». Non solo. Minimizza l’ampiezza dell’astensione: «È preoccupante ma non è allarmante anche perché il calo nei ballottaggi c’è sempre stato». E lancia la sfida a Beppe Grillo: «Alle prossime elezioni — dice — gli slogan serviranno a poco: bisognerà  ingaggiarsi nelle novità , nella nuova sensibilità  del Paese e mostrare un volto credibile». Per Bersani, insomma, il terreno del confronto è quello del lavoro e alle prossime politiche «dobbiamo scegliere se vogliamo cercarci delle altre scorciatoie o metterci al pari con le altre democrazie». E infine rivolge una battuta ad Angelino Alfano: «L’elettorato si è disperso in molte direzioni, compreso il voto a Grillo: è un duro colpo, c’è un vuoto d’aria in cerca di autore, ma non è facile trovare l’autore».
Alfano replica indirettamente. «Gli elettori del centrodestra restano ampiamente maggioritari nel Paese», premette per poi aggiungere: «Questi elettori non hanno scelto e non sceglieranno la sinistra e questa volta hanno massicciamente scelto l’astensione. Il loro messaggio è fortissimo: chiedono una nuova offerta politica. Siamo determinati a offrirla a loro e al Paese». La sua è un’ammissione di inadeguatezza, la stessa che esprime Maroni. «Registriamo questa sconfitta — argomenta l’ex ministro —, ma oggi si conclude la nostra traversata nel deserto e con la stagione dei congressi si apre una fase nuova che vedrà  la Lega tornare protagonista». E garantisce che «continuerà  la pulizia se sarà  necessario, senza caccia alle streghe e chi ha violato il codice etico dovrà  risarcire il movimento». I centristi, per bocca di Lorenzo Cesa, liquidano il Movimento 5 stelle con un «Grillo è un populista e raccoglie i frutti di troppi anni di promesse non mantenute da parte di una politica che è stata fatta solo con gli slogan». Nichi Vendola esorta «a dire cosa vogliamo fare per salvare il Paese dalla crisi: il dopo Monti è cominciato». E Di Pietro invita ad allargare a Grillo la foto di Vasto, cioè l’alleanza Pd-Idv-Sel.


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 A POCHI giorni dalla scadenza del suo settennato, Napolitano non rinuncia ad inoculare dosi massicce di pedagogia istituzionale in un sistema politico malato. Non si rassegna al tri-polarismo bloccato che paralizza il Paese e al grillismo arrabbiato che occupa il Parlamento. Invoca le «larghe intese» tra Pd e Pdl. Sbocco normale, in qualunque altra democrazia europea. «Compromesso antistorico », nell’Italia di oggi.

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