by Editore | 30 Maggio 2012 6:55
NEW YORK – “Kill List”, un elenco di nemici da eliminare. Con licenza di uccidere firmata personalmente da Barack Obama. E’ «il più strano di tutti i riti burocratici» che avvengono alla Casa Bianca, secondo la definizione del New York Times. Ogni settimana nello Studio Ovale il presidente vuole esaminare di persona l’elenco dei terroristi, soprattutto di Al Qaeda, che sono nel mirino: potenziali bersagli per bombardamenti mirati, attacchi di droni, operazioni dei commando speciali. Obama legge una per una le loro biografie, osserva le loro foto. Scorre tante schede segnaletiche che «sembrano delle macabre baseball-card», l’equivalente delle figurine Panini coi calciatori. E poi decide: quasi sempre la sua risposta è sì, un via libera per l’uccisione. Anche quando sono cittadini americani all’estero, teoricamente protetti dal diritto a un processo. Anche quando sono minorenni. Perfino una ragazza di 17 anni è finita sull’elenco dei bersagli legittimi, con l’ok del presidente. E’ una lista da aggiornare continuamente, visto che l’efficacia degli attacchi americani è diventata sempre più micidiale, molti capi di Al Qaeda sono stati già eliminati, e tocca alle loro seconde file essere “promossi” nella Kill List.
Dov’è finito il presidente quasi-pacifista, il difensore dei diritti umani, colui che prevalse contro Hillary Clinton nel 2008 anche perché aveva credenziali più solide nella condanna della guerra in Iraq? E che dire della responsabilità morale implicita nel premio Nobel per la Pace? Il bilancio di Obama “comandante supremo” nella lotta al terrorismo è al centro di due grandi inchieste uscite quasi in simultanea, sul settimanale Newsweek e sul New York Times. La Kill List è l’aspetto più impressionante. Ma le due inchieste non dipingono un presidente guerrafondaio o pronto ad abiurare tutti i suoi principi. Il quadro che emerge è più sfumato. Viene ricordato che una delle promesse fondamentali – la chiusura di Guantanamo, il trasferimento dei processi ai tribunali civili – è stata preclusa al presidente dal no del Congresso.
C’è stata certamente un’evoluzione di Obama, anche se i germi sono tutti nel suo curriculum vitae: la sua formazione giuridica gli consente di affrontare le discussioni coi vertici militari e la Cia sentendosi a suo agio nei dilemmi legali. Da credente, Obama s’interroga sui fondamenti della “giusta guerra”. Il presidente, osserva Newsweek, «non è diventato un robot sterminatore, il suo istinto lo spinge verso la giustizia e la protezione degli innocenti, ma sa anche che la guerra è una cosa sporca per quanto si cerchi di praticarla in modo ordinato». Di certo gli ideali del 2008 sono stati combinati con robuste dosi di pragmatismo.
Tuttavia l’innovazione che lui ha introdotto con la Kill List risponde a un principio di responsabilità etica: il presidente non vuole lasciare ai suoi collaboratori la scelta più grave. E così ogni attacco di droni in Pakistan, Yemen o Somalia, ha ricevuto la sua approvazione preventiva personale. Un via libera che è stato dato con piena conoscenza delle “personalità ” dei bersagli. Sapendo quanto gli “errori” della Cia sono costati in termini di vittime umane, ed anche per l’immagine dell’America nel mondo, soprattutto nell’opinione pubblica islamica. Di fatto gli attacchi dei droni hanno sostituito perfino Guantanamo, come “argomento di reclutamento” per Al Qaeda. Lo dimostrò Faisal Shahzad, il terrorista arrestato per la tentata strage di Times Square nel 2010, quando disse ai giudici: «I vostri droni colpiscono senza guardare se ci sono bambini».
E’ proprio Obama ad avere l’ultima parola, quando la Cia segnala di avere individuato dei terroristi, ed aggiunge che nelle loro vicinanze ci sono familiari o altri civili che potrebbero essere “vittime collaterali” di un bombardamento. La linea del presidente su questo punto è intransigente. Obama non pretende la certezza che ci siano «zero vittime civili». Secondo i suoi consiglieri, «chi vive nelle vicinanze dei terroristi, raramente è innocente o inconsapevole, perché Al Qaeda è un’organizzazione molto chiusa, isolata, di una diffidenza paranoica, quando i suoi convogli viaggiano trasportando armi e bombe non danno passaggi agli autostoppisti». Obama ha accettato il “metodo Cia” nel conteggio delle vittime: tutti i maschi in età da servizio militare sono considerati automaticamente come dei combattenti avversari, il che riduce considerevolmente il numero dei civili.
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