by Editore | 21 Maggio 2012 8:54
CHICAGO – Droni armati a Sigonella per combattere i pirati ed eliminare i terroristi. E una pioggia di denaro agli afgani – 100 milioni di euro l’anno a quota promessa dall’Italia – perché gestiscano in proprio la sicurezza dal 2014. Sono queste le novità politiche del summit della Nato a Chicago, dove l’Italia si presenta con il governo più “atlantico” di sempre. Non c’è solo Monti, con i suoi intensi legami Oltreoceano: il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, è l’ex presidente del comitato militare della Nato; quello degli Esteri, Giulio Terzi, è stato per tre anni ambasciatore negli Stati Uniti e il suo successore a Villa Firenze, Claudio Bisogniero, ha un passato da vicedirettore generale dell’Alleanza atlantica. Non c’è da stupirsi che gli americani, irritati per l’aria di disimpegno in Afghanistan che tira fra gli altri europei, vedano il team italiano guidato da Monti come un prezioso alleato con cui fare sponda.
Il primo buco da tamponare è quello francese, visto che Hollande ha passato la campagna elettorale a ripetere che se ne andrà da Kabul entro la fine dell’anno. Anche se il segretario generale Rasmussen, dopo averlo incontrato a margine del summit, assicura che «non ci sarà alcun ritiro precipitoso», è evidente che il tema riscalda l’aria già bollente per le strade della città . Fuori dal palazzo del vertice migliaia di manifestanti sfidano infatti gli agenti e il caldo soffocante per gridare «via dall’Afghanistan». Ma il presidente Obama, aprendo la riunione, ha gelato le aspettative: «Abbiamo ancora molto lavoro da fare e ci aspettano grandi sfide. La perdita di vite continua in Afghanistan, ci saranno altri giorni difficili». Soltanto dopo il 2014, ha aggiunto al termine di un faccia a faccia con l’afgano Hamid Karzai, «finiremo il nostro ruolo di combattimento e la guerra afgana come la conosciamo sarà conclusa». Un altro anno ancora, come previsto. E altri morti. Come quelli di ieri sul campo. Con i Taliban – i convitati di pietra del vertice – che si fanno beffe della Nato e che, con un comunicato, consigliano agli europei di «prendere esempio da Hollande» e lasciare il Paese.
Una fonte Nato lascia filtrare i dettagli del piano di ritiro: «Entro il 2013 le forze afgane prenderanno il controllo delle operazioni di combattimento. Entro il 2014 all’Isaf resterà soltanto un ruolo di assistenza con i consiglieri militari. Dal 2015 faremo solo cooperazione civile». Il funzionario non accetta di parlare di «fallimenti» e mette sul piatto della bilancia «le 69 donne elette in Parlamento», il «19 per cento di ragazze iscritte all’Università », il «70 per cento della popolazione che ha accesso ai servizi essenziali: cose impensabili quando c’erano i Taliban». Per aiutare gli afgani «a fare da soli» Karzai ha chiesto e ottenuto 4,1 miliardi di dollari all’anno. E l’Italia a Chicago è stata tra i primi a dire di sì, assicurando, nonostante la crisi, 100 milioni di euro dal 2014.
L’altra grande novità è il nuovo sistema Ags (Alliance Ground Surveillance) della Nato, con base a Sigonella: sono stati firmati i primi contratti che rendono operativo il sistema, un progetto di punta della strategia di “smart defence”, la “difesa intelligente” che garantirà la sicurezza degli alleati spendendo meno e mettendo in comune le (poche) risorse. A Sigonella arriveranno cinque micidiali droni, con il compito di tenere sotto controllo e distruggere le minacce nel Mediterraneo e in Africa. Entro il 2017 saranno impiegati nella base vicino a Catania almeno 600 militari in più, per un investimento di un miliardo di euro. Nella gigantesca sala stampa del summit fa bella mostra di sé un missile altro quattro metri: è uno degli intercettori terresti del famoso scudo anti-missili che la Nato ha intenzione di schierare su tutto l’arco dell’ex Europa dell’Est. Un progetto che fa infuriare Putin, il quale ha disertato il vertice di Chicago (oltre al G8) per segnalare il suo disappunto. Anche in questo caso gli italiani – memori di Pratica di Mare – cercano di gettare un ponte sopra le incomprensioni. E lo scorso 20 aprile Terzi e Di Paola sono volati a Mosca proprio per tentare di placare le preoccupazioni russe verso un allargamento dell’ombrello missilistico Nato oltre la vecchia cortina di ferro.
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