by Editore | 29 Maggio 2012 8:13
ROMA – Non sarà magari una nuova puntata dell’offensiva anti-Grillo, perché l’allarme del capo dello Stato viaggia a più largo spettro rispetto a M5S, ma è ormai chiaro che per Giorgio Napolitano il pericolo numero uno oggi si chiama antipolitica. L’ultima conferma ieri mattina, al Quirinale, in un botta e risposta con i giovani dell’Arel carichi di tanti dubbi e poche illusioni sul futuro che li aspetta. Il capo dello Stato «frena» sul web come ricetta per la democrazia e rilancia i partiti, «il loro ruolo è insostituibile». Poi, ma lo fa in un messaggio al sindaco di Brescia, punta il dito contro deviazioni e collusioni, accusa quella parte di apparati dello Stato che si sono «frapposti alla verità » sulla strage di piazza della Loggia.
E’ il web la formula nuova della partecipazione, la ricetta vincente di fronte alla crisi dei partiti? No, non lo è. E’ un’illusione, avverte il capo dello Stato. Perché la rete non è «il luogo delle decisioni», le scelte vere si compiono altrove, nelle istituzioni. E per entrarvi dentro servono, ancora, i partiti. Insostituibili. «I partiti sono le cinghie di trasmissione delle istanze dai cittadini alle istituzioni: se manca questo anello nella partecipazione popolare e giovanile non si toccano le decisioni politiche». E siccome, guarda caso, l’arma-fine-di-mondo teorizzata e praticata da Beppe Grillo è proprio la rete, il sospetto che il forte richiamo di Napolitano sia rivolto in particolare (anche se non solo) all’avanzata del grillismo, si direbbe fondato. E a questa onda che sale e che mette tutti i partiti nello stesso mazzo e li rifiuta in blocco, si rivolge il presidente della Repubblica con parole più che accorate, dure e allarmatissime, citando quelle di Giaime Pintor durante la Resistenza: «Guai se invece della corsa alla politica scatta la fuga della politica, sarebbe una catastrofe per la nostra democrazia e la nostra società ». I pericoli, del resto, sia pure su altri e ben più pericolosi fronti, in questi anni non sono mancati. Napolitano, prima di incontrare i giovani, manda un messaggio al sindaco di Brescia a 38 anni dalla strage. Eccidio rimasto senza colpevoli (l’ultima sentenza ha mandato tutti assolti gli imputati), e dunque la verità va cercata ancora, «la giustizia deve fare il suo corso». Ma nel contempo va però fin da ora messo in luce quanto è emerso, dalle carte processuali e dalle inchieste parlamentari, «sulla matrice di estrema destra neofascista di quell’azione criminale e sugli ostacoli che una parte degli apparati dello stato frappose alla ricerca della verità ».
Ai giovani, che al Colle hanno illustrato i risultati di una ricerca dell’Osservatorio dell’Arel guidato da Enrico Letta, Napolitano dice che la loro condizione si è complicata anche a seguito «delle politiche di bilancio restrittive», alle scelte di «risanamento e al consolidamento fiscale adottate per far fronte alla pressione dei mercati sui titoli del nostro debito pubblico».
I tagli lineari su ricerca e formazione sono un errore. I ragazzi gli chiedono: qual è stato il peggior errore della sua generazione? «Sono stato 38 anni deputato e di questi per 34 sono stato all’opposizione: potrei scrivere un trattato su come si sta all’opposizione, che a volte condivideva le decisioni. L’errore più grave è stato varare delle riforme affidandosi al canale della spesa pubblica, dilatandola, accumulando sulle spalle dei giovani pesantissime cambiali».
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