Minatori in marcia contro Rajoy

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BARCELLONA – «No al cierre de la mineria del carbon. Por el cambio economico e industrial de las comarcas mineras». Con questo slogan (no alla chiusura delle miniere di carbone. Per il cambio economico e industriale delle regioni minerarie) i minatori spagnoli sono scesi in sciopero per 48 ore, la settimana scorsa e si accingono a bloccare nuovamente le miniere, domani, e quindi a manifestare a Madrid, giovedì, se il governo non farà  proposte concrete per risolvere la crisi dell’industria mineraria del paese. 
I due giorni di sciopero, hanno visto il blocco completo della produzione nelle varie regioni minerarie, Asturias, Castilla y Leon, Laciana, Palencia e altre. Il governo, hanno detto i sindacati che hanno convocato lo sciopero (Comisiones Obreras e Ugt, Union General de Trabajadores), sta cominciando a fare marcia indietro e ha chiesto alle organizzazioni sindacali un incontro già  domani, anche nel tentativo di scongiurare la nuova giornata di sciopero e soprattutto la manifestazione (che si annuncia molto partecipata) giovedì. 
«Riprendere il dialogo – hanno detto ieri i sindacati in un comunicato – è sempre positivo, ma non basta. Vogliamo proposte concrete». 
I minatori asturiani hanno organizzato, giovedì scorso, una manifestazione davanti alla sede della delegazione del governo a Oviedo per chiedere un nuovo piano industriale per l’industria mineraria, che come gli altri settori sta soffrendo una crisi seria.
Manifestazioni di minatori ci sono state anche in altre città  delle regioni colpite dai tagli del governo. 
Nonostante, come in altri paesi, le miniere di carbone hanno progressivamente chiuso a partire dagli anni Ottanta, in Spagna il settore continua a dare lavoro a diverse migliaia di lavoratori. I tagli previsti dal governo del Partido Popular di Mariano Rajoy metterebbero in ginocchio le regioni minerarie. Infatti si parla di tagli pari al 64% (da 703 a 253 milioni di euro). Gli aiuti alle imprese passeranno da 301 a 111 milioni di euro, diminuiscono drasticamente anche i fondi per le infrastrutture e per la formazione (da 56 a 2 milioni di euro) e i fondi per la sicurezza verrebbero totalmente annullati (da 12 milioni di euro nel 2011). Questi tagli inciderebbero su 47 miniere in cinque regioni differenti, per un totale di ottomila lavoratori. Particolarmente colpite sarebbero le regioni di Asturias (15 miniere per un totale di quattromila lavoratori) e Castilla y Leon con 24 miniere e tremila lavoratori. 
Il governo socialista di Zapatero e il suo ministro dell’industria, Miguel Sebastian, avevano prorogato il Piano del Carbone (che comprende l’aiuto pubblico al settore) fino al 2014 e si erano impegnati a una nuova proroga, fino al 2018. Gli aiuti, secondo il governo socialista, sarebbero stati garantiti fino al 2018 quando si sarebbero cominciati a chiudere quei pozzi che non erano più sostenibili. 
Zapatero aveva anche favorito la creazione di un apposito centro ricerche sulla combustione pulita del carbone, chiamato Ciuden (Ciudad de la Energia) nella regione di El Bierzo. Nonostante la Commissione europea chiedesse alla Spagna di ridurre drasticamente il numero di miniere (per la riduzione del CO2), Zapatero era riuscito a strappare una dilatazione dei tempi in modo da poter lavorare a alternative economiche serie. 
Il governo di Rajoy ha fatto carta straccia del lavoro del suo predecessore, adducendo la crisi economica come motivo per una accelerazione nella morte del settore minerario. Il ministro dell’industria, Jose Manuel Fernandez Soria, ha detto che incontrerà  i sindacati domani, prima della terza giornata di sciopero e della manifestazione di Madrid, ma ha aggiunto che «soldi non ce ne sono».


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