Mankell: Lo stato sociale è diventato un giallo
Mi sento come un nomade. Riesco a scrivere su un aereo, nella hall di un albergo, da solo o insieme ad altri, in ogni parte del mondo. Riuscirei a stare seduto qui davanti a lei e a scrivere il capitolo di un libro, ad alzarmi, a spostarmi a un altro tavolo e a scrivere il capitolo successivo».
Dato che a quanto pare non sono riuscita a nascondere il mio scetticismo, né la mia invidia o la mia ammirazione, aggiunge: «Il luogo di lavoro più strano che ho avuto è stato una volta a Stoccolma. Ero giovane, appena ventenne, e povero, e avevo preso in affitto un appartamento vuoto. Niente mobili, niente lampade, niente letto. Dormivo sul pavimento, ma scoprii che nel forno della cucina c’era una lampadina che si accendeva aprendolo. Quella luce divenne la mia lampada e lo sportello del forno la mia scrivania. Vi lavoravo in quel modo.
La creatività è il fondamento della mia vita. Una percezione dei sensi. Una parola + una parola + una parola fa una frase. Una frase + una frase + una frase fanno un racconto. Io credo nei racconti. Il lettore viene invitato al banchetto, a sedersi al tavolo e a condividere il pasto».
Lo scrittore danese Klaus Rifbjerg ha definito la creazione artistica “una sublimazione della forza erotica”, intervengo.
«È chiaro che l’erotismo è la forza preponderante nella vita di una persona e la scrittura può anche dar luogo a una tensione quasi erotica» risponde appoggiandosi allo schienale della sedia mentre le dita scivolano tra i capelli e li raccolgono sulla nuca per poi lasciarli di nuovo andare.
«Non voglio usare la parola felicità , perché oggi viene utilizzata come un cliché: felicità -infelicità . Quando scrivo però mi sembra di riuscire a dare un senso a tutto. La possibilità di trasfigurare se stessi è l’essenza stessa della creatività . Qualcuno ha calcolato che nell’arco della mia carriera di scrittore ho descritto in tutto circa duemila personaggi diversi. Ovviamente c’è una parte di me in tutti loro, che siano bambini, donne, vecchi, cinesi, africani, danesi, o che diavolo le pare. Io sono una parte, grande o minuscola, di queste migliaia di personaggi. Metto dei mattoncini di me stesso in questa miriade di figure diverse. Così stanno le cose».
Henning Mankell sa bene che è proprio questo il campo che voglio cercare di approfondire, e quindi prosegue.
«I miei libri cominciano sempre con una domanda che faccio a me stesso: com’è possibile che…? Ci rifletto, analizzo la questione e alla fine so tutto. Quando so tutto, scrivo. Alcune volte scrivo prima il finale, altre la parte intermedia, altre ancora scrivo in ordine cronologico. Credo nell’ideale dell’illuminismo. In questo senso si può dire che sono un enciclopedista. Credo nella razionalità , nell’essere umano fondato sulla ragione, nella conoscenza. Lo sviluppo del mondo procede in maniera enormemente rapida, ma noi oggi scriviamo poesie d’amore migliori di quanto faceva Petrarca? No! L’uomo è nato per la lentezza. La forza della democrazia è proprio il fatto che è lenta. La lentezza ci si addice di più. Eppure nel nostro mondo un leader efficiente è uno che prende decisioni in modo rapido. Gli africani, invece, definiscono stupido un uomo che decide troppo velocemente. Sappiamo bene che il mondo dell’infanzia, così come lo conoscevamo e amavamo, è sparito, ma credo che sopravviva dentro di noi come un’ombra. Parliamo molto della terra dell’infanzia… ma non credo che debba necessariamente essere intesa in senso concreto. Parliamo molto anche delle nostre radici… Io credo che sia possibile avere radici in luoghi diversi. Si può coltivare la terra ideale che abbiamo in mente così come si coltiva la terra su cui si cammina. Gli esperti dicono che solo la parte destra del cervello è in grado di svilupparsi. La sinistra, quella dei sentimenti, è già al suo massimo punto di sviluppo. Devo dire che trovo preoccupante questa affermazione».
I fan più accaniti sapranno che esistono un’infinità di altre cose che lo preoccupano, oltre al potenziale di sviluppo della parte sinistra del cervello. Per esempio la domanda che viene posta in molti dei suoi romanzi, ma che può essere sintetizzata con questa citazione dal thriller Il cinese: «Com’era stato possibile arrivare al punto in cui anche i fondamenti della democrazia erano minacciati da un sistema giudiziario vacillante?».
La critica sociale e la battaglia per un mondo più giusto, a livello sia locale che globale, percorrono come un nastro fiammeggiante la sua opera di scrittore, in modo più radicale e coerente che in altri che hanno seguito la sua scia. I libri su Kurt Wallander, oltre a sviluppare una trama poliziesca e a seguire la parabola e la triste vita sentimentale del commissario di polizia, parlano sempre della democrazia, della forza e della vulnerabilità dello stato sociale, della perdita di sicurezza, dell’isolamento umano e della mancanza di solidarietà . Parlano in sostanza del declino del welfare state.
«Wallander non abbraccia le sue stesse idee politiche?» chiedo.
«No, e l’ultimo libro su Wallander, L’uomo inquieto, parla proprio di questo: lui ammette di essere un uomo senza interessi politici. Ha perso, o ha volontariamente escluso dalla propria vita, una parte molto importante dell’esistenza, e cioè il fatto che siamo coinvolti nella politica che lo vogliamo o no, perché viviamo sotto una specie di contratto con altri esseri umani. Kurt Wallander lo ha voluto ignorare e di questo parla il libro. Sì, ha sicuramente votato alle elezioni, ma la politica per lui è stata principalmente un motivo di irritazione, per cui si indigna se vengono alzate le tasse e considera molti politici più stupidi di altre persone. Non si è mai considerato parte del panorama politico. Su questo punto c’è una grande differenza tra lui e me. È una cosa che ho inserito volutamente, perché la maggioranza delle persone non si considera parte del panorama politico. Negano di esserlo e questa è una delle più gravi minacce per la democrazia, il fatto che sempre più persone dicano di non sentirsi parte della democrazia».
(Traduzione di Lisa Raspanti)
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