MACERIE OPERAIE
Nulla è inevitabile. Non lo è la crisi economica, non lo sono i crolli e le vittime dei nostri terremoti, conseguenza di umane corruzioni, guadagni, cinismi. Case, monumenti e soprattutto capannoni, tirati su al risparmio, senza i criteri antisismici, costruzioni «che anche un vento particolarmente forte può far venir giù come un castello di carte», secondo il parere degli esperti.
Nulla è casuale se la maggior parte delle persone è morta sotto le macerie di edifici industriali, se le mappe antisismiche ancora attendono di essere aggiornate. I fabbricati della piccola e media industria, fiore all’occhiello dell’economia domestica del nord, oggi, nelle zone colpite, si posano come una corona funebre sui corpi operai, italiani e stranieri. Pagano il lavoro con la vita, sono le ultime ruote del carro e i primi a morire. Il gravissimo bilancio, umano e culturale, di questo secondo terremoto emiliano è, al contrario, il frutto, l’ennesimo, di quell’anomalia italiana che affligge il nostro paese, rendendolo fragile, esposto alla furia della terra che trema ormai da dieci giorni. Il dovere della prevenzione è un eterno auspicio, una disperata promessa mancata.
Alla fine di una giornata segnata da ripetute richieste di annullare la parata militare (quattro milioni di euro), con un comunicato il Quirinale annuncia l’ossimoro: «Celebreremo sobriamente il 2 giugno in memoria delle vittime». In questo momento, di lutto, di massimo impegno nei soccorsi, di raccolta straordinaria di fondi, la celebrazione andava fermata.
Related Articles
Ubs, altro conto salato per la maxi-frode migliaia di tagli nell’investment bank
Il trader Adoboli incriminato a Londra dopo la truffa da 2 miliardi
Difendersi dalla statistica spettacolo
Caro direttore, nel suo intervento sul Corriere di ieri Dario Di Vico ha parlato di «statistica-spettacolo», notando come «la produzione del dato-monstre nel giorno e nell’ora giusta per avere un quarto d’ora di celebrità alla lunga genera rigetto e confonde l’opinione pubblica». Vorrei proporre alcune riflessioni su un tema rilevante per il funzionamento di una democrazia moderna.
“La Fiat a noi non ci impacchetta”
I delegati. Il congresso Fiom e i nuovi spot della Fiat: “Sono un’offesa, molti di noi sono in cassa da anni. Altro che cuori spezzati e operai che ballano: Marchionne ci dica il suo piano”. E intanto per la Irisbus si apre uno spiraglio