«Prevenzione inadeguata, incoerenze da affrontare»
«Abbiamo il problema di cambiare i comportamenti anche come politiche pubbliche che dal lato della prevenzione sono state gravemente inadeguate». Le parole pronunciate ieri dal presidente Giorgio Napolitano sono accolte dal capo del Dipartimento di Protezione civile come «una sacrosanta verità ». «Il tema della prevenzione oggi», sottolinea Franco Gabrielli, «viene ricordato solo quando accadono eventi luttuosi». E allora viene da chiedersi cosa non ha funzionato nella prevenzione – soprattutto nel settore delle attività produttive – in un territorio colpito da due eventi sismici a distanza di nove giorni e dove la terra in tutto quel periodo ha sempre continuato a tremare. Dando per assodata l’impossibilità di prevedere scientificamente e puntualmente un terremoto, resta solo da chiedersi – al di là delle responsabilità di eventuali illeciti su cui farà luce la magistratura – se e come sia stata fatta prevenzione, che poi è uno dei compiti più importanti affidati al sistema di Protezione civile locale e nazionale.
«È evidente che questa tragedia ha fatto emergere alcune puntuali incoerenze che vanno affrontate e sulle quali si deve necessariamente aprire una riflessione». Malgrado i problemi di comunicazione telefonica con le zone terremotate, le parole dell’assessore regionale alla Protezione civile dell’Emilia Romagna, Paola Gazzolo, arrivano chiare e forti. Accertata come valida la premessa che l’assessore tiene a fare riguardo una regione che, tra le poche in Italia, si è dotata nel 2008 di una legge regionale (la numero 19) per prevenire maggiormente il rischio sismico – pur considerato molto basso – e quello idrogeologico. Una legge che, racconta Paola Gazzolo, «in questi anni è stata molto contestata perché vista come un eccessivo balzello burocratico rispetto alla crisi economica in atto». E invece, secondo la responsabile regionale della Protezione civile, il problema era proprio il metodo di classificazione adottato nel 2003 per ridefinire la mappa sismica dell’Italia, quella che ha inserito la maggior parte dell’Emilia Romagna nella zona 3, a rischio medio-basso. «Va rivista», afferma Gazzolo. Tenendo conto, come spiega Raffaele Pignone, dirigente del Servizio geologico e sismico regionale, di alcuni parametri geomorfologici allora sottovalutati e oggi presi in esame nella microzonazione che ogni comune della regione dovrà mettere a punto contemporaneamente al rinnovo del piano regolatore. Quei parametri che, se presi in considerazione, avrebbero sconsigliato di costruire in zone ricche di «paleoalvi» (vecchi corsi di fiume riempiti di sabbia).
Riguardo però alle politiche di prevenzione adottate durante i nove giorni di sciame sismico per evitare quelle assurde morti sul lavoro, l’assessore Gazzolo risponde: «Capisco l’obiezione, ma l’alternativa qual era? Fermare tutto? La regione ha investito molto per le verifiche sulle strutture produttive, dopo quelle sugli edifici pubblici. Abbiamo triplicato il numero delle squadre di tecnici che avrebbero dovuto affiancare i vigili del fuoco nelle “verifiche speditive” per accertare l’agibilità dei capannoni industriali. Ma non abbiamo avuto il tempo sufficiente». Va detto, però, che la verifica dell’agibilità (tramite la scheda Edas, compilata dai vigili del fuoco o le certificazioni redatte da tecnici privati e accreditati) prevede solo che gli edifici o i capannoni industriali non abbiano subito danni strutturali, non che possano reggere ad eventuali nuove scosse di una certa rilevanza. E d’altra parte, racconta Gazzolo, «c’era una grande richiesta da parte di lavoratori e imprese di poter ripartire subito per non moltiplicare gli effetti della crisi». Motivo per il quale, per esempio, non c’è stata alcuna ordinanza che sospendesse nemmeno momentaneamente l’attività produttiva nella zona terremotata.
Lo conferma anche Giuliano Guietti, segretario Cgil di Ferrara, che però invita le imprese ad adottare «un principio di cautela anche se non prescritto dalle norme». «Chiediamo chiarezza su quanto avvenuto e aspettiamo gli sviluppi delle indagini – continua Guietti -ma se vogliamo guardare avanti dobbiamo cogliere lo stimolo a rivedere la normativa vigente: troppo spesso queste costruzioni si fanno con appalti al massimo risparmio».
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