«Pericoli come nel ’92»

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Commosso quando ha concluso il suo discorso invitando «le giovani generazioni» a «scendere al più presto in campo per rinnovare la politica e la società , nel segno della legalità  e della trasparenza». Emozionato quando ha visitato la mostra fotografica dedicata alla vita di Falcone e Borsellino nel recuperato palazzo Branciforte, al termine di una giornata da lui stesso definita «più intensa e rappresentativa del solito». Giorgio Napolitano a Palermo, nell’aula bunker, ha partecipato al ricordo della strage di Capaci, una cerimonia apparsa meno retorica di tante altre volte in occasione, ha detto, di «un anniversario speciale» non solo per il ventennale ma soprattutto «per gli orribili fatti della vigilia, la barbara sanguinosa aggressione alle ragazze di Brindisi». Non poteva non essere così: l’emozione recentissima dell’attentato alla scuola in Puglia si è intrecciata con la memoria lontana della strage di venti anni fa sull’autostrada per l’aeroporto in Sicilia. Napolitano ha letto un discorso teso, dai toni preoccupati perché «tutto quello che sta accadendo in Italia – ha esordito -, la situazione generale del nostro paese, rendono importante anzi prezioso il richiamo all’esperienza di quel tragico maggio-luglio 1992 e di quel drammatico biennio 1992-1993». Gli anni delle stragi. E le stragi, ha detto il capo dello stato con nettezza, possono tornare. «Non possiamo escludere che la criminalità  organizzata possa oggi anche tentare feroci ritorni di violenza di stampo stragista». Certo, le prime indagini sull’attentato di Brindisi non sembrano andare in questa direzione ma offrono ancora poche certezze. Il presidente lancia un richiamo: «Un sollecito e serio svolgimento delle indagini sull’oscura, feroce azione criminale di Brindisi potrà  fornirci elementi concreti di valutazione». Sollecito e serio: pesa evidentemente nella scelta degli aggettivi l’impressione che gli inquirenti possano aver commesso errori nelle prime mosse o che ci siano state gelosie tra le procure di Lecce e Brindisi. «Attenzione – ha aggiunto Napolitano – siamo preoccupati per la persistente gravità  della pressione e della minaccia mafiosa, ma ci sentiamo ben più forti che in quei tragici giorni del ’92». Questo per «la crescente mobilitazione di coscienze e di energie che si è venuta realizzando nel nome di Giovanni falcone e Paolo Borsellino». «Che cosa magnifica – ha aggiunto il capo dello stato – sono state le reazioni, le risposte alla viltà  criminale di Brindisi, venute dai giovani e dal popolo di quella città ». Ricordando Falcone e «le sue prese di posizione spesso controcorrente e innovative» che «contribuirono certamente a procurargli ostilità  e assurdi veti» e «si scontrarono con meschinità  e faziosità », Napolitano ha reso omaggio alle «innovazioni» nella lotta alla mafia introdotte dal giudice, innovazioni «sul piano legislativo, ordinamentale e di proiezione internazionale» che «hanno reso più efficace e ricca di risultati la lotta alla criminalità  organizzata». E non è mancato nel discorso del presidente della Repubblica un riferimento critico alla magistratura. «L’autonomia e l’indipendenza che a Falcone erano care – ha detto – si esprimevano nella sua libertà  di giudizio e insieme nel rispetto delle istituzioni, in una inequivoca distanza da posizioni di partito». Impossibile non leggere in controluce un monito: i magistrati devono stare lontani dalla politico di partito. E devono piuttosto condurre con scrupolo le loro inchieste. «Falcone – ha evidenziato ancora Napolitano – è stato tra coloro che hanno ben colto e analizzato le storiche debolezze e ambiguità  dell’impegno dello stato nella lotta alla criminalità  organizzata. Ma a noi oggi servono, anche per questo aspetto, verità  rigorosamente accertate e non schemi precostituiti: solo così può rafforzarsi il clima di serena, responsabile e condivisa determinazione di cui oggi c’è bisogno sul fronte dell’impegno per la legalità  e la sicurezza». Preoccupato, infine il parallelo tra la stagione delle bombe e l’Italia di oggi. «L’attacco criminale, le stragi mafiose coincisero anche allora con difficoltà  gravi della politica – ha ricordato il presidente – con una crisi finanziaria acuta, con un palese logoramento del tessuto istituzionale». Come reagire? «In condizioni pur molto diverse da quelle di oggi, tra allarmanti scosse e scricchiolii del nostro edificio democratico, si riuscì – grazie soprattutto al varo della riforma elettorale del ’93 – a gettare le basi di una nuova, più aperta competizione politica e prospettiva di governabilità ». E così anche da Palermo Giorgio Napolitano ha invitato le forze politiche a realizzare «una nuova riforma elettorale» e «finalmente l’avvio di incisive modifiche dell’ordinamento della Repubblica», interventi che a suo avviso «sono diventate indispensabili per riguadagnare la fiducia dei cittadini». Ma questa volta il capo dello stato ha aggiunto un altro compito per i partiti: per loro « si pone come cruciale un effettivo sforzo di ripensamento, di autoriforma, di apertura alla società  e ai giovani».


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