L’opposizione rossa rossa

by Editore | 13 Maggio 2012 13:38

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ROMA «Oggi è un fatto storico: nasce l’opposizione sociale al governo Monti». Paolo Ferrero incita la piazza, Oliviero Diliberto saluta «i comunisti e le comuniste d’Italia» e azzarda «siamo 40mila, dopo quattro anni tremendi di umiliazioni. È l’ora del riscatto. Dico ai compagni di Sel: cosa state aspettando a venire con noi? E ringrazio la delegazione che l’Idv ha mandato, quel partito è l’unica opposizione di sinistra in parlamento», Cesare Salvi spumeggiante come ai tempi in cui era «il nostro Jospé» (quando era ministro del lavoro, la definizione immortale è di D’Alema) prova persino a mandare «un saluto per ora da lontano al Movimento 5 stelle», ma dalla piazza mandano fischi, e Diliberto dopo un po’ dirà  che «non accettiamo lezioni da comici miliardari». 
Ma il tema non è l’analisi del fenomeno Grillo, che pure ha un suo interesse per chi gli ha consegnato un discreto pacchetto di voti. Il tema è «unire la sinistra». Il corteone gonfio di bandiere rosse che ieri ha attraversato Roma ha un gruppo dirigente passato per parecchie scissioni e una base che ancora cova rancori reciproci (rinnovati dalla scelta di alcuni candidati diversi alle amministrative, è successo a l’anno scorso a Napoli e la settimana scorsa a Palermo). 
Ma da ieri giura di voltare pagina e lo giura in varie lingue. Anche in greco – dal palco parla Vassili Primikiris del Syriza vittorioso ad Atene – e in francese – parla Pierre Laurent segretario del Pcf, che aderisce al Front de gauche vittorioso a Parigi – persino in portoghese: unire la sinistra, quella italiana e quella europea, lottare contro le politiche dell’austerity, i diktat della Bce, il fiscal compact e le politiche neoliberiste che hanno provocato la crisi, «di cui noi greci siamo stati cavie», dice Primikiris. Creare una Banca pubblica che finanzi lo sviluppo sostenibile, proposta francese, ne sentiremo presto parlare.
Quanto all’Italia «smettete di rincorre il Pd che rincorre Casini che rincorre qualcun altro» dice Ferrero rivolto ai «compagni di Sel» che stavolta, per la prima volta, non hanno chiuso la porta ad un’iniziativa indetta dalla sola Federazione della sinistra. «Basta rivolgersi a Bersani con il cappello in mano, mettiamo insieme una sinistra più grande», come in Francia, come in Grecia, «se ci presentassimo insieme alle elezioni, Idv, Sel e Prc superebbero il 20 per cento dei consensi, imponendo una svolta al paese». 
Partendo per esempio dalla comune battaglia contro la manumissione dell’art.18, sulla quale la Fds già  convoca la piazza. Ma per l’occasione Ferrero fa un appello anche «ai compagni e alle compagne del Pd» – Pietro Ichino e Beppe Fioroni non apprezzeranno – «che dieci anni fa erano con noi e con la Cgil di Sergio Cofferati» per sventare lo sciagurato progetto dell’allora governo Berlusconi. 
La sinistra-sinistra, asfaltata e extraparlamentare da quell’horribilis 2008, ieri ha provato a rialzare la testa, resuscitata dalle vittorie europee. Ha tirato fuori le bandiere, ha aggiornato appena gli slogan d’annata («Governo Monti, governo di rapina, la lotta comunista sarà  la tua rovina», «Dalla scuola diaz alla Palestina, polizia fascista polizia assassina»), ha urlato spesso e volentieri i suoi vaffa a Monti, e anche (meno) a Bersani. 
Ha invitato a sfilare e poi sul palco di una Roma già  torrida i lavoratori dell’Iribus in crisi, quelli della Sigma Tau, quelli della scuola, gli studenti, i No Tav, i No Debito, i comitati dell’acqua, Giorgio Cremaschi della Fiom (ex presidente del comitato centrale da pochi giorni) i militanti contro l’occupazione israeliana. E, sempre sul palco, ha chiamato il bel gruppo ska «Skaouts» e Enrico Capuano, Cisco e Andrea Rivera a fare un po’ di musica e casino. Ha provato insomma a liberarsi del destino della sconfitta inemendabile e si è data coraggio. 
Spiega Ferrero: «Anche noi in questi mesi abbiamo pensato che non ce l’avremmo fatta ma non è vero, le cose possono cambiare, bisogna crederci: ce la si può fare. Da domani bisogna partire in tutti i comuni a raccogliere la gente, dobbiamo costruire le lotte per mandare a casa il governo e cambiare la politica». Dall’Idv arriva un sì, «con Sel e Prc abbiamo già  avviato un percorso politico contro il governo Monti, intendiamo portare avanti l’alleanza con tutti i soggetti della sinistra, compresa Prc, e attendiamo che il Pd dia un segnale», dice Stefano Pedica dal palco: ma la proposta della piazza rossa è quella di un polo senza il Pd. E questo è un primo problema. 
«Non si può stare con Monti ma anche con Hollande», grida Salvi. E qui si intravede un secondo problema perché il segretario del Pcf racconta alla piazza italiana che, dopo la vittoria, sul no netto al fiscal compact (per Ferrero «una guerra dei padroni e delle banche») già  qualcosa scricchiola nelle parole del neopresidente socialista: «Dovremo lottare per difendere la nostra vittoria». È già  parecchio. Qui in Italia per ora si tratta, dice Ferrero, «di lottare per far cadere Monti». «Bonne lutte à  vous aussi», è l’augurio di Laurent, e suona bene.

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